L’inchiesta sulla presunta mazzetta da ventimila euro alla funzionaria di Calabria Verde per agevolare i tagli boschivi si chiude con tre condanne in primo grado. Il Tribunale di Castrovillari ha condannato, in primo grado, a 4 anni di reclusione rispettivamente Antonietta Caruso, all’epoca dei fatti di 55 anni, originaria di Cosenza ma residente a Luzzi, responsabile del settore Forestazione e delle guardie giurate particolari di Calabria Verde, e l’agronomo Salvatore Procopio, di 62 anni di San Giovanni in Fiore. Otto mesi, infine, la pena inflitta dai giudici ad Antonio Spadafora, titolare dell’azienda boschiva “Fratelli Spadafora”.
Una condanna, quella arrivata in questi giorni, che conferma come l’impianto accusatorio, oltre a reggere nella fase delle indagini preliminari attraverso il vaglio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della libertà e della Cassazione, abbia retto anche nel dibattimento di primo grado, sede nella quale si forma la prova anche se va ricordato come i tre siano da considerarsi innocenti fino alla celebrazione del terzo grado di giudizio.
Le indagini risalgono al 2017. L’accusa per i tre era di concorso in concussione per induzione indebita in quanto la Caruso, secondo il quadro accusatorio ricostruito dai carabinieri forestali coordinati dall’allora procuratore capo di Castrovillari Eugenio Facciolla e dal pubblico ministero Angela Continisio, avrebbe costretto un imprenditore boschivo, Antonio Spadafora, allora 37enne, a consegnarle 20mila euro per ottenere un importante appalto per un’attività di disboscamento nel territorio di Longobucco mentre Procopio, a sua volta avrebbe fatto “aiutato” la funzionaria e fatto da tramite, per la richiesta e il pagamento della tangente, tra Antonella Caruso e l’imprenditore boschivo (poi sottoposto, nel 2018, a misura cautelare anche nell’ambito dell’inchiesta “Stige” della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro).
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