
Processo Kossa: la scure dei giudici della prima sezione della Corte d’Appello di Catanzaro s’è abbattuta su Pasquale Forastefano (condannato 18 anni) e Domenico Massa (condannato a 13 anni). In Appello sono 14 le condanne ed una sola assoluzione con le pene principali che fanno il paio con quanto emerso anche nelle prime “cantate” del collaboratore Luca Talarico.
Nelle carte depositate dalla pubblica accusa nel corso della penultima udienza del processo, Talarico aveva ammesso di essersi intestato l'azienda – finita poi al centro dell’inchiesta – che portava il suo nome in qualità «di prestanome della cosca Forastefano, in particolare nella persona di Pasquale Forastefano e Domenico Massa». Escussioni che non hanno influenzato troppo, per il poco tempo a disposizione, le decisioni dei giudici ma che confermano il lavoro degli inquirenti e della pubblica accusa.
Proprio l’inchiesta Kossa, condotta dalla Dda di Catanzaro, aveva mostrato come la ’ndrangheta cassanese, in particolare negli ultimi anni, si fosse sempre più interessata alla gestione e al controllo delle attività agricole.
La sentenza
Si chiude con quattordici condanne, qualche lieve rimodulazione della pena e una sola assoluzione il processo celebrato in Corte d’Appello a Catanzaro e scaturito dall’inchiesta “Kossa”. Condanna confermata per Pasquale Forastefano (18 anni), Alessandro Forastefano (8 anni), Antonio Antolino (2 anni e 8 mesi), Agostino Pignataro (7 anni e 4 mesi), Domenico Massa (13 anni), Stefano Bevilacqua (5 anni), Gianfranco Arcidiacono (2 anni e 8 mesi), Nicola Abbruzzese (3 anni e pena parzialmente riformata con eliminazione della multa), Damiano Elia (3 anni e 10 mesi), Antonio Falabella (4 mesi), Leonardo Falbo (2 anni e 8 mesi), Silvio Forastefano (3 anni), Saverio Lento (2 anni). Pena ridotta di un terzo per il neo collaboratore di giustizia Luca Talarico, al quale sono state riconosciute dell’attenuanti generiche (condannato ad 8 anni di carcere, in primo grado era stato condannato a 12 anni). Assolto, infine, l’avvocato Giuseppe Bisantis. Il legale nocerino già dal 2021 era tornato ad esercitare la professione forense. I giudici del Riesame, accogliendo le prescrizioni della Corte di Cassazione, avevano già abrogato le misure a carico dell’avvocato. Una assoluzione «perché il fatto non sussiste» che fa piena luce sul vero ruolo avuto dal professionista nell’inchiesta.

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