Il caso non è chiuso. L’ha stabilito l’Assise che indica ai pubblici ministeri una possibile pista da seguire. Le indagini sulla morte di Denis Bergamini dovranno procedere - così si capisce leggendo il dispositivo della sentenza con cui è stata condannata a 16 anni di reclusione Isabella Internò - in direzione della individuazione degli autori dell’omicidio del calciatore.
La Corte (presidente Paola Lucente; a latere Marco Bilotta) ha ordinato la trasmissione degli atti riguardo alla posizione di Roberto Internò, sentito come testimone in dibattimento, in relazione alla ipotesi di omicidio.
L’uomo è il cugino della imputata condannata e ne accompagnò i genitori, il 18 novembre del 1989, sul luogo del ritrovamento del cadavere del giocato rossoblù. A non convincere i magistrati giudicanti sarebbe stata la deposizione resa dall’uomo durante il processo e una intercettazione riguardante un colloquio intercorso con la moglie durante le indagini riaperte nel 2017 dalla Procura di Castrovillari, all’epoca diretta da Eugenio Facciolla.
Il fratello di Roberto Internò, Dino Pippo, era stato già indagato per l’ipotesi di omicidio dai magistrati inquirenti ma la sua posizione era stata successivamente archiviata con decreto del Gip castrovillarese nel settembre del 2023.
I due germani hanno sempre proclamato la loro estraneità a qualsiasi contesto delittuoso ipotizzato e devono essere considerati innocenti sino all’intervento di eventuali procedimenti passati in giudicato in senso contrario. La comparsa dei loro nomi in questa storia è dovuta ad atti divenuti pubblici per effetto del processo conclusosi in primo grado l’altra sera. La presunzione di innocenza ha, in questo caso, priorità su qualsiasi avventata deduzione.
La Corte ha bocciato la tesi del suicidio del calciatore, amatissimo dalla tifoseria cosentina, acclarando la consumazione di un delitto. Un crimine commesso - questa la tesi dei pubblici ministeri Alessandro D’Alessio e Luca Primicerio - per punire Bergamini che aveva mantenuto una relazione con Isabella Internò, l’aveva messa incinta decidendo poi di interrompere la gravidanza e di non prenderla in sposa. Un quadro, quello prospettato dai togati castrovillaresi, duramente contestato dai difensori della donna, gli avvocati Rossana Cribari e Angelo Pugliese, nel corso delle arringhe pronunciate a conclusione della istruttoria dibattimentale. I due penalisti hanno sostenuto che non vi fosse prova della esecuzione del delitto e posto in rilievo come oscuri fossero rimasti la ipotizzata modalità esecutiva e i volti dei presunti esecutori. I legali hanno pure fermamente messo in dubbio il movente del crimnine contestato alla loro assistitta. Sia Pugliese che Cribari hanno a più riprese sottolineato come non ci si trovasse al cospetto di un omicidio ma di un suicidio.
Per comprendere in maniera articolata il ragionamento seguito dai giudici della Corte di assise per giungere alla condanna di Isabella Internò occorrerà leggere le motivazioni della sentenza. Il documento giudiziario offrirà, per la prima volta dopo 35 anni, una ricostruzione giudiziaria di quanto avvenuto in quella tragica sera di autunno lungo la Statale 106 ionica, in territorio di Roseto Capo Spulico. La prematura fine di Denis Bergamini è rimasta per tutto questo tempo nel cuore della tifoseria rossoblù che non ha perso occasoione, negli ultimi tre decenni, per ricordare il campione scomparso. L’affetto verso l’atleta ha commosso la sorella del calciatore, Donata, che ha inteso ringraziare pubblicamente, dopo la lettura del verdetto, il mondo della tifoseria bruzia. Letterariamente la vicenda drammatica del centrocampista venne raccontata, per primo, da Carlo Petrini nel libro “Il calciatore suicidato”.
Ora l’inchiesta riparte con l’obiettivo, non facile da raggiungere, di identificare i responsabili del delitto comopiuto mediante «asfissia meccanica».
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