Non c’è mai posto nei nostri ospedali. All’Annunziata, tutte le aree mediche sono stabilmente occupate e chi finisce in Pronto soccorso rischia di restarci per molto tempo prima di trovare un varco in corsia. A patto che si liberino posti letto. È proprio lì che la dimensione di vita sospesa assume un significato. Prima di poter accedere nella prima linea del Dea c’è, infatti, un’altra coda da affrontare, quella delle ambulanze in lista d’attesa nel piazzale che si trasforma spesso in un luogo ombreggiato di vita e di sofferenza. Ci sono infermieri, autisti, qualche medico (non tutte ne hanno uno a bordo), ci sono pazienti, gente che resta per ore in attesa che dalla porta sbuchi una lettiga. Negli ultimi giorni è capitato di vedere in fila dalle quattro alle cinque ore i mezzi di soccorso perché non c’erano più barelle libere nel reparto di emergenza-urgenza dell’hub. Un tempo sospeso che non può essere privo di rimorsi perché quelle ambulanze del “118”, ferme davanti alla prima linea dell’ospedale hub, sono forze che spariscono dal circuito del pronto intervento in tutta al provincia. E quella coda è un elastico che si allunga e si accorcia a seconda dei posti-letto che si liberano nei reparti. Nei giorni scorsi si è anche cercato di fronteggiare l’emergenza aprendo le porte solo ai soccorsi in “codice rosso”, mentre tutte le altre ambulanze sono state dirottate verso Paola e Acri. Un sistema per evitare il collasso di un reparto che ha pochi medici ed è ancora senza primario. Ed è così che la prima linea dell’ospedale (ma, in genere, tutte le prime linee) resta il ramo caotico del sistema salute.
La rimonta dell’Asp
E mentre si studiano soluzioni per ridurre i tempi d’accesso ai servizi assistenziali, l’Azienda sanitaria provinciale alza l’asticella delle Chirurgie intensificando la quantità e la qualità delle prestazioni. Un percorso virtuoso che stimola la tendenza alla riduzione dei “viaggi della speranza” che, spesso, si affrontano anche per problemi banali. E non è detto che effettivamente si ricevano cure migliori, come spiega il direttore sanitario dell’Asp, Martino Rizzo «perché i problemi sanitari ci sono dappertutto, come in più parti, e anche in Calabria ci sono ottime professionalità. Nella nostra Asp, ad esempio, dopo la riorganizzazione dei reparti di chirurgia e l’acquisizione di nuovi professionisti, è già una realtà la riduzione della migrazione sanitaria. Sono aumentati sia il numero di interventi eseguiti, sia la complessità degli stessi. La gente sta lentamente riacquistando fiducia nelle nostre strutture, anche perché le ottime professionalità acquisite, ed anche i giovani chirurghi recentemente assunti, stanno cambiando l’approccio nl rapporto medico-paziente: non solo fornire prestazioni, ma passare ad una medicina che metta al centro l’ammalato. Paziente che deve essere collocato al centro degli interessi del medico, che rispetta i suoi valori ed i suoi bisogni. Un malato che viene coinvolto nei processi decisionali, insieme alla propria famiglia ed ai propri amici, che riceve cure adeguate e coordinate».
Lavoro di squadra
Il nuovo corso dell’Asp è affiorato da un intervento delicato su paziente “complicato”, nell’ospedale di Paola. Racconta Rizzo: «Il paziente in questione aveva necessità di un intervento complesso ed è stato operato da due primari, Sebatiano Vaccarisi, che dirige la Chirurgia nello Spoke di Corigliano Rossano, e Simone Squillante, a capo del reparto di Paola. Credo sia un caso raro, se non unico, che due professionisti, di strutture diverse, decidano autonomamente di mettere insieme le proprie capacità e competenze per curare un paziente. Un modello di assistenza nuovo, in cui il paziente è considerato punto focale e principale beneficiario del Sistema Sanitario. L’intervento è riuscito».
Nuovo corso
Un cambio di paradigma che ribalta lo storico disinteresse dei “camici bianchi” verso i servizi assistenziali della Calabria. «Siamo soddisfatti di questo interesse che si è risvegliato verso le nostre strutture – spiega ancora il direttore sanitario –. Anche gli ospedali del Cosentino sono diventati attrattivi: prima i posti nei concorsi per chirurgo restavano scoperti, oggi ci sono richieste. Qualcosa sta cambiando, lentamente, ma sta cambiando. Stesso lavoro stiamo facendo con la Nefrologia con la creazione di un dipartimento interaziendale che fa capo al professor Zaza dell’Annunziata. E anche con la Cardiologia abbiamo realizzato un ottimo servizio sul territorio grazie alla telemedicina mentre stiamo provando ad organizzarci con l’emodinamica che, per adesso, da noi è H6 mentre a Cosenza si crea l’ingorgo».