La paura affiora sempre all’improvviso, nei giorni peggiori in cui gli ospedali si ritrovano in affanno. E le stanze dei Pronto soccorso, devastate dalle malattie, tra caos e dolore, diventano frontiere aperte per chiunque, malintenzionati compresi. Ed è lì che, tra lamenti e sgomento, di una sanità priva di anticorpi, l’umanità cambia aspetto, modifica percezione e comportamenti. Trame che s’intrecciano, inevitabilmente, con le difficoltà di un sistema salute che fatica a ritrovare il senso dell’orientamento dopo trent’anni di guai finanziari. Spesso, l’obiettivo della rabbia di familiari al seguito dei malati o degli stessi pazienti in coda per una visita o un esame sono proprio quegli uomini e quelle donne in camice bianco che cercano di rispondere alla valanga di richieste, spesso inappropriate per un ospedale. Eppure sono quelle stesse donne e quegli stessi uomini che per mesi erano stati celebrati eroi, fotografati con gli occhi stanchi e i volti stremati, osservati mentre sfidavano il virus a mani nude dentro quelle stanze svuotate dal terrore. Per due anni li hanno chiamati “angeli”, gli “angeli del Covid”, l’ultima frontiera che restava tra la speranza di sopravvivere al nemico e la disperazione di non farcela. I racconti e i ricordi di quei giorni drammatici, però, sono spariti in fretta, cancellati dalle testimonianze che riportano alla tragica normalità.
Da Paola a Corigliano, da Castrovillari a Rossano, e fino a Cosenza l’elenco del personale sanitario vittima di aggressione è senza fine. Chiudere le porte dei Pronto soccorso, sbarrare le finestre non serve più ad evitare l’onda di piena della follia, non serve a scansare il pericolo di aggressioni, una violenza assurda in cui, prima o poi, si rischia di finirci dentro. Occorrerebbe solo maggior rispetto verso chi lavora per garantire, in modo permanente, assistenza e cure a tutti, il rispetto di regole, delle priorità e, naturalmente, della convivenza civile. Si chiude un occhio, spesso anche due, per fingere di non vedere la fatica che medici, infermieri e oss compiono ogni giorno dentro quelle stanze per aiutare corpi piegati dalle malattie, uomini e donne che corrono sulle ambulanze del 118 per salvare vite umane.
L’Asp ha deciso di mettere mano al problema definendo le linee guida “per la prevenzione degli atti di violenza e delle aggressioni ai danni degli operatori sanitari”. Si tratta di un protocollo che il direttore generale Antonello Graziano ha deciso di adottare «per diffondere la politica della “tolleranza zero” verso qualsiasi atto di violenza, sia essa fisica che verbale, ai danni del personale dell’Asp».
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