Il web è una miniera d'oro e un inferno. È un infinito navigare su autostrade virtuali che possono diventare, improvvisamente, insidiose, riempiendosi di incubi. Fantasmi che minacciano, soprattutto, i ragazzini che, col telefonino, si scambiano messaggi testuali, videoclip e selfie. Sono gli adolescenti i più coinvolti. Vivono con gli occhi appiccicati allo schermo dei loro smartphone come se tutto dipendesse da quello. A casa, a scuola, a tavola, non ascoltano più, non parlano più, non interagiscono più col mondo reale. Fuori da quella dimensione social vivono il vuoto delle relazioni. Sembrano assenti e, intanto, digitano velocemente su quelle loro tastiere per entrare in contatto col resto del mondo, quello che viaggia sulle autostrade del 5G. È così che stanno crescendo i nostri figli, i nativi digitali. E con i genitori sempre meno presenti per lavoro (e, quindi, meno attivi nel ruolo di educatori), le amicizie dei ragazzi finiscono per intrecciarsi pericolosamente nella rete. Il web è diventato il loro maestro di vita, l’amministratore delle loro esistenze, imparano con internet a gestire impulsi ed emotività, ad intrecciare relazioni sociali, ad andare alla ricerca di competenze strategiche (disponibili grazie alle app di Intelligenza artificiale) che servono a garantirsi successi scolastici oppure a superare problemi di diverso genere. Per loro c’è sempre una risposta pronta nella rete, un video tutorial che spieghi come si faccia una determinata cosa o come si svolga un compito di scuola. Navigano dall’alba al tramonto, senza sosta. E navigando corrono seri pericoli. Capita che, muovendosi senza controllo nella rete dei social media, finiscano per stringere amicizie con persone di cui conoscono appena un nikename, spesso generico, ma che sono capaci di trascinarli nei guai. Le storie di adolescenti inquieti partono tutti dalla medesima voglia di volersi divertire, magari sentendosi “anonimi” attraverso la proliferazione di profili fake e sfociano tutte inesorabilmente in problemi seri. Da una ricerca di Scuola.net è emerso che un ragazzo su tre ha un profilo falso sul proprio social di riferimento. Cinque su sei, invece, controllano sempre chi apprezza i propri contenuti: pochi like finiscono per incidere sull’umore. Infine, la metà dei baby internauti è vittima di violenze. Numeri che non hanno un’anima ma che diffondono paure. A Castrovillari il Lions club, la Procura, l'Ordine degli Avvocati, la Polizia delle Comunicazioni della Calabria e l'Asp di Cosenza, hanno deciso di intervenire sui giovani, a cominciare dagli studenti della Media De Nicola, articolazione dell'istituto comprensivo 2, scuola che da anni lavora a un progetto finalizzato all'uso consapevole delle nuove tecnologie e al contrasto del bullismo e del cyberbullismo. E nel teatro Sybaris, col focus "Io bullo? Ma anche no!" è stata modellata una proposta di crescita che diventerà la stella polare nei percorsi di crescita dei 200 ragazzi delle ultime classi della De Nicola ai quali, in sala se ne sono aghiunti altri 50 della Fortunato, dell'Ic1. Il presidente del Lions Club, Giovanni Rende, il consigliere delegato del Foro, Angela Bellusci, la collaboratrice della dirigente scolastica Marietta Iusi, la professoressa Anna Potestio, e il sindaco Domenico Lo Polito, hanno introdotto i temi che sono stati poi allargati attraverso i coinvolgenti interventi dei relatori. Il procuratore capo, Alessandro d'Alessio, parlando della sua esperienza di pm anticamorra, ha messo in guardia i ragazzi a non piegarsi alla tentazione del male, della prevaricazione, della violenza. "Il rispetto della persona, della sua dignità, dei suoi diritti devono essere la vostra scelta di vita". Intensi e passionali anche gli interventi delle pm Flavia Stefanelli e Raffaela Di Carluccio d'Aniello, magistrati che si occupano proprio della tutela delle fasce deboli. La Stefanelli ha raccontato la drammatica storia di Carolina a cui lo Stato italiano ha intitolato la legge che tutela i minori vittime di cyberbullismo, mentre la Di Carluccio d'Aniello ha fatto riferimento al film "Il ragazzo dai pantaloni rosa", tema che ha coinvolto i ragazzi in un emozionante dibattito spontaneo. Successivamente, l'ispettore Otello Chimenti, responsabile della sezione della Polizia delle Comunicazioni di Crotone, attraverso la sua esperienza, ha messo insieme storie di ragazzi come loro che hanno trovato la via d'uscita dalle loro sofferenze semplicemente parlandone con qualcuno, un genitore, un docente, un amico, un agente. È toccato, infine, alla dirigente psicologa del Serd, del distretto sanitario di Castrovillai, Rosa Cerchiara, chiudere il cerchio delle emozioni, soffermandosi sui pericoli della solitudine e dei silenzi che spesso cominciano da difficoltà di comunicazione tra le pareri domestiche. "Condividete senza paura le vostre preoccupazioni, le vostre ansie, i vostri problemi. Noi ci siamo sempre".