
Si specchiano nei loro video, si selfano per piacersi e piacere, comunicano in un gergo incomprensibile, usano una scrittura fatta di abbreviazioni, di slang, di messaggi criptici che solo loro riescono a codificare. Sembrano tutti uguali, intercambiabili, con lo stesso taglio di capelli, lo stesso abbigliamento, le stesse scarpe, gli stessi smartphone dentro i quali corre il loro mondo. Ed è un mondo sbiadito, che si riempie spesso di incubi, tra urla, schiamazzi e violenze. Navigando sui social montano e smontano le loro emozioni, i loro piaceri, le loro insoddisfazioni. Dimorano nella realtà virtuale e, fuori da quella dimensione finta, vivono il vuoto delle relazioni. Sono proprio loro, i ragazzi, l’emergenza che preoccupa Cosenza e non solo Cosenza. I più esposti alle correnti del disagio sono gli adolescenti che stanno consumando le loro esistenze piene di vuoti in mezzo a coordinate confuse. Non sono più in grado di distinguere il tempo del divertimento dal tempo della conoscenza e dell’apprendimento. E trasformano tutto in guerre di passeggio. Nelle aule, nelle piazze, persino durante le manifestazioni sportive.
E proprio da lì, da un campo di calcio, che risale l’ultimo episodio di violenza giovanile. Un’ultima fermata denunciata dalla testata online “Cosenza Post” e ripresa dal deputato della Lega, Simona Loizzo. La parlamentare s’è detta preoccupata perché «un ragazzino di 14 anni è stato aggredito da diversi coetanei mentre assisteva, allo stadio “Marca”, a una partita tra adolescenti. Solo l’intervento di un docente ha evitato il peggio. Il bullismo non è accettabile in alcun modo e spero che i professori presenti possano risalire agli autori del gesto che vanno sanzionati e rieducati. Non c’è delitto senza castigo e non possiamo tollerare che fatti del genere restino impuniti». Il ragazzino vittima dei violenti sarebbe stato medicato dai sanitari di un’ambulanza di servizio nell’impianto durante la partita di calcio tra rappresentanze studentesche di due istituti d’istruzione superiori.
Anche al “Marca”, dunque, la forza del branco è diventata nutrimento per quel delirio che molte volte arriva degenerare in vere e proprie zuffe e reazioni a catena. Sono scontri, spesso, senza un movente vero, ispirate probabilmente solo dalla voglia di dimostrare il rancore inghiottito in famiglia o a scuola. E i comportamenti amplificano il senso di sconforto dentro quell’antico e misterioso vento dell’inesorabile che continua a spargere su questa terra semi di tristezza, di rabbia, di accettazione. Qui, più che altrove, la storia è sempre stata un percorso in salita, un’arrampicata verso un traguardo che non si raggiunge mai. Oggi nella società priva di riferimenti c’è sempre meno spazio per le fragilità. E il fallimento viene vissuto come una colpa e non più come un momento di crescita. L’assenza di comunicazione tra scuola, famiglia e giovani crea la frattura decisiva che spinge i ragazzi al delirio, tra alcol, violenza e vapo.

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