Una interrogazione consiliare ha riacceso di recente i riflettori sulla Santomarco. Le opere per il raddoppio della galleria tra Paola e Cosenza, nonostante siano giunte adesso nella fase di affidamento con il recente bando di gara pubblicato, continuano a essere oggetto di preoccupazioni e contrasto. La recente decisione della Giunta di “assenso condizionato” al progetto di Rfi, secondo i consiglieri comunali Marco Minervino, Andrea Signorelli, Roberto Perrotta, Marianna Saragò e Emira Ciodaro, è stata, tra l’altro, presa in assenza di pareri fondamentali in particolare per quanto riguarda le valutazioni ambientali da parte degli organismi ministeriali competenti.
Ma per capirci meglio sui rischi ambientali occorre fare un passo indietro quando due anni fa era stata presentata al Ministero dell’ambiente una dettagliata osservazione da alcuni residenti dell’area di contrada Pantani. In particolare le paure sono legate alla presenza di rocce verdi nella zona interessata dalle opere e di un sito “sospetto” nell’area destinata ai cantieri. Andiamo con ordine.
Le testimonianze sono state raccolte nel documento romano. «I casi di silicosi e conseguente invalidità tra i lavoratori del primo scavo della galleria Santomarco furono numerosi, con presenza di diversi casi di tumore al polmone e alla gola; considerando le prassi e le conoscenze dell’epoca, ciò desta ben poca sorpresa. “Carne di cane”, questo l’epiteto con cui i lavoratori locali descrivevano sé stessi. Sono stati censiti da Giuliano di Blasi, abitante di contrada Pantani, più di 27 casi di silicosi e 5 tumori al polmone tra gli ex lavoratori della galleria residenti a Paola e dintorni. E l’elenco non è esaustivo. Tuttavia, è la situazione nel raggio di 500 metri dai cantieri a destare i maggiori dubbi». In questa osservazione al Ministero veniva fatto presente come le patologie più diffuse tra i residenti esposti alle polveri o ad altre forme di inquinamento sono tumore a polmone e vescica, patologie riconducibili all’esposizione a polveri e inquinamento dell’aria.
Si sottolineava quindi la necessità e l’opportunità di un’analisi approfondita della situazione presente e dell’impatto ambientale futuro condotta da enti indipendenti. Ma i dubbi dei residenti sono anche a riguardo della vecchia area di stoccaggio: la AS04.
«In questo distretto – veniva spiegato – non è stata eseguita l’analisi del suolo né delle acque sotterranee». L’area AS04, che include l’attuale area mercatale del Comune di Paola, è stata oggetto di movimentazione, scavo e riporto di “notevoli quantità di terreni” dal 1989 fino al 2014. «La stessa era inclusa fino al 2016 nell’elenco dei siti potenzialmente contaminati per la presenza di contaminazione da solfati nelle acque sotterranee (Sogedis 2016). Fu inoltre oggetto di indagini geofisiche nel 2012 mediante elettromagnetometro, dal quale emersero alcuni settori di anomalia (Arpacal 2012)».
Ma c’è anche un altro problema. Il comune di Paola è noto, nei paesi confinanti, come “la mamma del vento”. La popolazione subisce raffiche forti per quasi nove mesi l’anno e non sono rari i danni provocati dalle frustate di Eolo. «Eppure nello studio di impatto ambientale si sostiene che i venti siano in genere di bassa intensità». La preoccupazione in definitiva è che le opere possano contribuire anche l’aerodispersione di particelle pericolose possa facilmente superare i valori limite in presenza di attività estrattiva. Questo per l’eventuale presenza di rocce verdi per gli scavi per la realizzazione della nuova galleria.
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