'Ndrangheta a Cosenza, arrestato il superpentito Franco Pino
Il boss dagli occhi di ghiaccio torna in carcere. Franco Pino, storico capobastone della mafia bruzia e primo grande “capo” pentito della ‘ndrangheta, è stato arrestato in esecuzione di una condanna definitiva per duplice omicidio aggravato. La Corte di Cassazione, infatti, ha confermato gli 8 anni di pena che gli erano stati inflitti per l’assassinio di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti. Due giovani ammazzati barbaramente in una casa di campagna di Rende nel febbraio del 1985. A Gigliotti e Lenti veniva rimproverato dai boss locali una eccessiva “autonomia” operativa e un esagerato ricorso alla violenza. Per questa ragione vennero invitati a una pranzo a base di maiale dal quale non uscirono vivi. A Lenti venne staccata la testa con una falce, mentre Gigliotti fu torturato prima di venire ucciso a fucilate. I corpi delle vittime vennero ritrovati dai carabinieri in una zona isolata dell’appennino paolano, a pochi passi dalla Fiat Ritmo (data alle fiamme) a bordo della quale s’erano presentati per partecipare al pranzo fatale. Il duplice omicidio sembrava un crimine dimenticato e invece la Dda di Catanzaro l’ha tirato fuori dagli archivi impolverati riuscendo a ottenere a distanza di 40 anni tre condanne all’ergastolo nei confronti di Gianfranco Ruà, Gianfranco Bruni e Francesco Patitucci e il riconoscimento formale delle responsabilità di Pino. Della vicenda si sono occupati a più riprese i pm Camillo Falvo e Salvatore Di Maio. Un personaggio di rilievo Franco Pino è stata una stella di prima grandezza della mafia calabrese e, probabilmente, il più influente e conosciuto tra i boss del Cosentino. Affidabile, cinico, astuto, con il piglio imprenditoriale, negli anni d’oro della militanza criminale godeva della stima dei De Stefano-Tegano di Reggio, dei Piromalli di Gioia Tauro, dei Mancuso di Limbadi, dei Farao di Cirò Marina, dei Pesce di Rosarno, dei Calvano di San Lucido, dei cutoliani della Nuova Camorra organizzata, dei mafiosi di Cosa nosdytra legati a Nitto Santapaola. Agli “alleati” - se necessario - forniva i suoi killer pronti ad agire in trasferta. Nella Calabria settentrionale aveva un patto di ferro con Franco Muto, detto il “re del pesce” di Cetraro e con Giuseppe Cirillo, responsabile del “locale” di Sibari.