Per Legambiente la centrale a biomasse del Mercure è fin dalla sua apertura incompatibile con le norme che tutelano il Parco nazionale del Pollino tant’è che, nel 2025 il Presidente del Consiglio dei Ministri autorizzò la messa in esercizio dell’impianto in deroga con le norme di tutela dell’area protetta e contro il parere dell’Ente parco. Una violazione palese della tutela dell’ambiente e una scelta politica che ha avvantaggiato una società che ha potuto incassare gli aiuti di Stato per la produzione di energia rinnovabile.
Riguardo il futuro della centrale a biomasse, su cui Regione Calabria e Basilicata sono divise portando avanti pareri contrastanti, l’associazione ambientalista lancia un appello chiedendo alla Regione Basilicata di usare buon senso e di seguire l’esempio della Calabria. In particolare la Regione Calabria, in sede di approvazione del Piano del Parco del Pollino, ha dichiarato che l’autorizzazione in deroga del 2015 sia superata e dunque, nei fatti, la centrale è incompatibile con l’area protetta. Per capire questo non c’è bisogno di essere “ambientalisti” né di ulteriori norme regionali, basta ricordare la storia del centrale del Mercure per comprendere il buon senso della presa di posizione del Presidente Roberto Occhiuto. Ciò che è sconcertante, sottolinea Legambiente, è che il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi non abbia ancora espresso il parere sul Piano del Parco e dunque, uniformarsi, a quanto saggiamente deciso dal suo collega di partito.
Per questo l’associazione ambientalista chiede alla Regione Basilicata una presa di coscienza e responsabilità approvando il Piano del Parco senza forzature della legge sulle aree protette, di seguire l’esempio della Calabria e di non concedere conceda più deroghe per l’esercizio di una centrale nata contro il parere dell’Ente parco. Il Presidente della Regione Basilicata Vito Bardi usi anch’egli il buon senso e decida se vuole il Parco, e dunque rispetti la legge 394/91 approvando in via definitiva il Piano del Parco, oppure dichiari che il Parco nazionale del Pollino è una finzione e sostenga, come continua fare, che all’intero del suo perimetro è possibile l’esercizio in deroga alle norme di una centrale a biomasse e fare qualsiasi altra attività o persino estrarre petrolio come già accade in altre parti della Basilicata!”
Sulla centrale del Mercure, da sempre Legambiente ha espresso un parere negativo perché si tratta di un impianto di produzione di energia che contraddice i più elementari criteri di sostenibilità ambientale:
- è poco performante dal punto di vista energetico perché ha un rendimento dichiarato in sede di progetto del 26%;
- ha una potenza elettrica netta di 35 MW (41 MW di potenza elettrica lorda) e produce solo energia elettrica e si mantiene grazie agli incentivi statali;
- necessita di 340-500mila tonnellate/anno di biomassa proveniente da territori molto ampi e superiori a 120 Km che sono il limite della filiera di approvvigionamento che in fase di realizzazione della centrale si è dichiarato di voler rispettare;
- è un limite allo sviluppo di filiere forestali sostenibili e alla crescita di imprese boschive locali che si sono specializzate più sul trasporto del cippato;
- viene utilizzato cippato proveniente da legno vergine e non si rispetta il principio di uso a cascata delle risorse agroforestali;
- la filiera di approvvigionamento avviene con trasporto su gomma e contribuisce all’aumento delle emissioni inquinanti;
- è in contrasto con la Strategia Europea che punta a migliorare la qualità delle foreste e delle sue filiere, compresa quella energetica.
Legambiente da 15 anni denuncia l’incompatibilità dell’impianto a biomasse ed ha sempre sottolineato che la centrale del Mercure non è sostenibile. Ciò non vuol dire essere contrari alla filiera legno-energia ma solo a questa tipologia di impianto, senza che il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica intervenisse per risolvere un vulnus che lo stesso, in altra epoca, ha creato. Non interviene nemmeno per far rispettare i termini di 18 mesi previsti dalla legge 394/91 affinché la Regione Basilicata adotti in via definitiva il Piano del Parco nazionale del Pollino come ha già fatto nel 2023 la Regione Calabria. Senza il Piano, l’area protetta più vasta d’Europa, con due riconoscimenti Unesco, è sprovvista di uno strumento necessario a migliorare la qualità della sua gestione che al momento si basa su norme provvisorie risalenti al 1993: l’area protetta vanto dell’Italia in Europa da 32 anni viene gestita in maniera provvisoria e questo non preoccupa gli amministratori locali impegnati a difendere una centrale che è la negazione stessa del Parco nazionale del Pollino.
Per Legambiente il presidente della Calabria Roberto Occhiuto ha fatto bene a ribadire che la centrale è incompatibile con il Parco nazionale, e condividiamo con lui la consapevolezza che non doveva nemmeno essere autorizzata da chi lo ha preceduto. Allo stesso tempo ribadiamo la nostra disponibilità, così come abbiamo fatto fin dal 2016 dopo le inchieste Stige e Black Wood della DDA di Catanzaro, a lavorare per rigenerare il settore produttivo forestale verso la strada della gestione forestale sostenibile per raggiungere gli obiettivi della transizione ecologica e, al contempo, aiutare le imprese boschive a fare quel salto di qualità che la dipendenza dalle grandi centrali a biomasse non permette di realizzare”.
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