
Ornella Nucci è la prima donna a essere stata eletta alla guida di un ordine forense in Calabria. E dopo due anni alla guida del Consiglio di Cosenza, il più numeroso per numero di iscritti della regione, ha deciso di lasciare. La sua scelta ha provocato la reazioni e le polemiche innescate dal gruppo di consiglieri che fa capo al suo predecessore, Vittorio Gallucci, che ha fatto ricorso al Consiglio Nazionale Forense, denunciando una preannunciata “staffetta” della Nucci con un altro consigliere.
Alla presidente Nucci abbiamo posto alcune domande.
Perché ha deciso di dimettersi?
«Se dovessi dirlo in due parole, direi che ho deciso di dimettermi per senso di responsabilità. Sono una persona che pretende molto, prima che dagli altri, da se stessa. E penso che, nella vita, non ci si debba mai far governare dagli eventi. Semmai il contrario, anche quando ci si trova al cospetto di scelte importanti, come sta accadendo a me in questo momento. Da qualche mese, infatti, è iniziata la fase dibattimentale di un processo di rilievo nazionale, che mi porta fuori sede con cadenze troppo ravvicinate e che richiede impegno e studio nella preparazione dell’esame e controesame dei testi. E questo, per la visione che io ho delle cose, non mi consente di svolgere il mio mandato da presidente con la consueta – e, secondo me, necessaria – presenza. Forse sono una visionaria, ma, per me, il ruolo di un Presidente che si rispetti non è solo vetrine e lustrini. È rappresentanza. È autorevolezza. È spendersi per la tutela degli iscritti. È saper tessere rapporti con tutte le Associazioni e rappresentanze Forensi e mantenere alto il buon nome dell’Avvocatura, anche nei rapporti con la Magistratura. È metterci la faccia, sempre. A testa alta ed in prima persona. Ed ecco perché penso che alcune cose non siano delegabili, anche quando – come in questo caso – la squadra è la migliore. Come ho scritto ai consiglieri nella pec di accompagnamento della convocazione del Consiglio odierno, ho sempre inteso questa Presidenza come servizio e la mia Professione come dovere. E, nel momento in cui i due impegni non sono conciliabili, reputo che debba essere il servizio a cedere il passo al dovere. Ecco il perché delle mie dimissioni. Il resto è chiacchiericcio da cortile».
Rimarrà consigliera?
«Certo che rimarrò consigliera! Altrimenti, quel senso di responsabilità di cui ho detto sopra sarebbe solo un vacuo richiamo. Essere consigliera non sarà, per me, un ripiego, ma anzi mi consentirà di dare comunque il mio contributo e fare in modo che il lavoro di questi due anni prosegua, senza le responsabilità e gli impegni propri della presidenza. E, poi, non potrei mai dimettermi e tradire la squadra che ho avuto l’onore di guidare in questi due anni, soprattutto pensando che rischierei di consegnare il Consiglio ad un gruppo di inconsolabili oppositori, il cui valore e senso istituzionale, persino a distanza di due anni, continua a trovare sfogo in reiterate e quantomai infondate richieste di scioglimento del Consiglio, del quale essi stessi fanno parte. Della serie “Muoia Sansone con tutti i Filistei”. Forse, farebbero bene loro a dimettersi da consiglieri, visto che questo ruolo gli sta così stretto, al punto da inibirgli persino il sorriso. Evidentemente non la pensano come il grande Maestro Ezio Bosso, che diceva sempre “I sorrisi avvicinano più dei passi e aprono più porte delle chiavi”».

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