
Ben 150 storie che raccontano miti ed icone del cinema mondiale, della letteratura, dello sport. Un grande racconto che si snoda ed appassiona nelle quasi 700 pagine dell'ultimo libro dello scrittore Antonio Monda, “Incontri ravvicinati”, pubblicato da “La Nave di Teseo”. Per Monda quello di ieri, a Palazzo dei Bruzi, ha significato uno dei tanti ritorni a casa dalla sua New York, città dove ormai si è stabilito da 31 anni e dove insegna alla New York University. Ma New York, con tutto il suo portato di meraviglia e contraddizioni, e con la sua imprenscindibilità, fa anche da sfondo a molti dei libri dello scrittore originario di Cosenza. Ed è nella sua casa a due passi dal Central Park che Antonio Monda ha incontrato il gotha del cinema internazionale e buona parte dei personaggi e delle personalità che popolano il libro. Il fatto singolare è che gli “incontri ravvicinati” siano avvenuti prevalentemente di domenica a tavola, complici le deliziose pietanze preparate dalla moglie di Monda, Jacqueline, anche lei presente ieri alla presentazione del libro. Come era avvenuto già due anni fa, quando Antonio Monda presentò a “LibrinComune” il suo precedente libro “Il numero è nulla” è stato il Sindaco Franz Caruso a fare gli onori di casa dopo la brillante introduzione della sua consigliera delegata alla Cultura, Antonietta Cozza. Per Franz Caruso, Antonio Monda “rappresenta un punto di riferimento imprescindibile nel mondo della cultura internazionale. Quando un autore come Monda arriva in città – ha detto Franz Caruso - non porta solo un libro e “Incontri ravvicinati” è molto più di un libro - ma porta con sé un bagaglio di storie, volti, idee, passioni e memorie che attraversano decenni di arte, cinema, musica e letteratura. E noi, stasera, abbiamo l'onore di essere testimoni di questo viaggio. Cosenza ha una lunga tradizione di ospitalità culturale. È una città che ha sempre saputo aprire le porte al pensiero critico, al confronto, alla bellezza in tutte le sue forme. Oggi, con la presenza di Antonio Monda, questa vocazione si rinnova e si rafforza. "Incontri ravvicinati" – ha aggiunto il primo cittadino - non è soltanto una raccolta di conversazioni con grandi personalità. È un'opera che ci mostra come, dietro ogni grande artista, ci sia un essere umano, con le sue fragilità, i suoi sogni, le sue contraddizioni. È un libro che umanizza le icone e ci restituisce il senso profondo dell'incontro: quello autentico, fatto di ascolto, di rispetto, di intelligenza emotiva. E Antonio Monda ha questo dono raro: sa avvicinarsi alle persone senza invaderle, sa guardare senza giudicare, sa raccontare senza distorcere. Nei suoi scritti, come nelle sue interviste, c'è sempre la curiosità dello studioso, la delicatezza del narratore e la sensibilità dell'uomo di cultura. La sua presenza è per noi un'occasione preziosa di crescita, di riflessione, ma anche di ispirazione”. Il Sindaco si è poi rivolto ad Antonio Monda con parole di affetto e gratitudine. “Ti diciamo grazie – ha sottolineato il primo cittadino - per ciò che scrivi, per ciò che sei e per aver scelto di condividere con noi questa parte del tuo cammino. Cosenza ti accoglie con calore, stima e affetto. Questa è casa tua”. La serata è stata da incorniciare, come ha scritto sulla sua pagina Facebook lo stesso Sindaco. Non solo per la presenza di Antonio Monda, ma anche per quella di coloro che lo hanno affiancato durante questo suo racconto: il giornalista e scrittore Arcangelo Badolati che ha posto a Monda le domande giuste e particolarmente stimolanti, ed il magistrato Biagio Politano, già presente due anni fa al tempo della presentazione de “Il numero è nulla”, che con la sua verve ironica ha impreziosito la discussione sul libro. Partita da una domanda di Badolati sulla modalità di incontro dei personaggi intervistati e incontrati da Monda nella sua casa di New York, influenzata probabilmente dalle usanze meridionali di riunirsi a tavola. La conferma arriva direttamente dal Monda stesso: “Vengo da una famiglia meridionale, dove c'è il culto della tavola, della conversazione, dello scambio di idee. Ho importato un modello un po' particolare. Non è che in America non esistano le occasioni conviviali come pranzi e cene, ma sono quasi sempre legate ad un elemento commerciale. Cioè ci si vede per promuovere un libro, un film, una mostra, uno spettacolo teatrale. Ma il vedersi la domenica, solo per il piacere di mangiare e stare insieme, è veramente una cosa rara. Ci sono – spiega ancora l'autore di “Incontri ravvicinati” - anche altri elementi. Il fatto che mia moglie sia molto brava a ricevere e cucinare e che faccia sentire gli ospiti protetti. Ci sono delle regole non scritte, come il non scattare foto e il non registrare le conversazioni e poi, non si parla di affari. Molto spesso si gioca o si canta. Sono occasioni conviviali totalmente disimpegnate e che non significa non siano anche intelligenti”. Poi l'incontro scivola sui protagonisti del libro. Si comincia da Al Pacino. “Ha avuto soggezione quando è venuto da lei a casa?” - domanda Badolati. Monda ne ricorda il rapporto iniziato quando era direttore artistico della Festa del Cinema di Roma. Fu allora che si stipulò un accordo con l'Actor's studio di cui Pacino era Presidente. “L'ho invitato alla Festa a Roma e poi diventammo amici. Quindi lo invitai nuovamente a casa mia qualche volta”. Antonio Monda ricorda che Pacino ha sofferto molto e che ha rischiato di perdersi a causa anche delle sue sregolatezze. “Poi, quasi per caso, cominciò a recitare e venne fuori il suo enorme talento. Un uomo non facile che dà sempre l'impressione di essere un vulcano che sta per esplodere. Ma- afferma candidamente Monda - ha gli occhi più belli che esistono”. E riporta la frase di un critico americano che a proposito degli occhi di Al Pacino, dopo aver visto il film “Donnie Brasco”, che inizia proprio con una inquadratura sugli occhi dell'attore dice più o meno così: “Ci sono degli occhi sullo schermo. Nessuno ha più quegli occhi da quando El Greco ha smesso di dipingere i santi”.
La conversazione si sposta sulle differenze tra Sergio Leone ed Ennio Morricone, compagni di classe alle elementari e protagonisti di uno dei sodalizi artistici più proficui, longevi ed intensi del cinema mondiale. Monda di loro dice che “Morricone aveva un carattere chiuso, un po' orso, sospettoso. Leone, invece, era espansivo, un po' guascone, si compiaceva di parlare solo romanesco pur essendo un divo internazionale”.
E del maestro Morricone mena vanto di un episodio che gli regalò enormi emozioni:
“Una volta ha suonato solo per me a casa il tema di Deborah da “C'era una volta in America”. Di Leone non riuscì a diventare assistente, forse a causa di due giudizi affrettati, non condivisi dal regista, su due film di quel tempo: “Mission” di Roland Joffè e “Il nome della Rosa” di Jean Jacques Annaud. Si vorrebbe che l'incontro con Monda e dei suoi incontri ravvicinati continuasse all'infinito, ma il tempo stringe. Di Paolo Sorrentino ricorda un simpatico aneddoto al tempo del Tribeca Film festival quando, nel comitato di selezione, fu incaricato da Martin Scorsese di comunicargli che il film del regista napoletano “L'uomo in più” era stato scelto quale unico italiano. Sorrentino pensò ad uno scherzo e mandò Monda a quel paese, salvo ricredersi subito dopo. Anche di Francis Ford Coppola e delle sue origini lucane (di Bernalda) ricorda il culto della tavola e del mangiare. “Non ne divenni molto amico, ma il rapporto con lui è legato ad una soppressata calabrese”. Poi racconta ancora del grande rifiuto di Barbra Streisand a concedergli un'intervista a causa di un equivoco. Viceversa, grande disponibilità incontrò ad intervistare Muhammad Alì che non mosse alcuna obiezione quando seppe che era italiano ed amico di Gianni Minà.
E poi Mario Puzo che scrisse il personaggio di Don Vito Corleone ispirandosi a sua madre, donna dal carattere molto forte e che parlava piano. E ancora Oriana Fallaci, John Mc Enroe, Renzo Piano, Meryl Streep che presentò a sua zia, madre dell'attuale Vice Sindaco di Cosenza, Maria Locanto. A tirare le fila è, brillantemente, il magistrato Biagio Politano che ha ripetuto il simpatico siparietto di due anni fa paragonando l'agenda di Antonio Monda a quella di Gianni Minà. Ma per Politano è l'ultimo libro di Monda ad essere la sua agenda. Il magistrato fornisce un doppio livello di lettura. “Il libro non è il racconto di questi 150 personaggi. In realtà è il racconto di Antonio Monda. E' un libro che dà le vertigini. Ed è una grande navigazione su 150 miti, nel quale c'è l'America e New York, ma c'è anche molta Italia: Francesco De Gregori, Lucio Dalla, i fratelli Taviani, Vittorio Gassman. C'è una sintonia, intelligenza emotiva e ispirazione empatica che Monda vive con questi personaggi e c'è molto anche di sua madre, suo padre e della sua famiglia”. Ed è questa la seconda chiave di lettura, questa parte più intima e delicata. Come delicatissimo per Biagio Politano è il ritratto che Monda fornisce di Woody Allen, “perché c'è rispetto dell'approccio alla persona”. E se per Monda i 150 ritratti in 700 pagine, riflettono i 31 anni di vita vissuti proprio attraverso quelle persone “che mi hanno fatto diventare la persona che sono”, la chiosa è tutta di Biagio Politano: “In questo libro c'è tutto un mondo, ma c'è soprattutto un Monda”.
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