
I genitori della della neonata rapita sei mesi fa nella clinica del Sacro Cuore a Cosenza, i coniugi Chiappetta-Cavoto, attraverso il proprio legale, l’avvocato Chiara Penna, hanno chiesto al pubblico ministero di presentare ricorso per la revoca dei domiciliari a Rosa Vespa. "Abbiamo proposto istanza al pubblico ministero al fine di sollecitare l’impugnazione di un provvedimento che per noi è inammissibile perché non ci è mai stato notificato nulla. Nè la prima istanza con la quale si chiedevano i domiciliari con braccialetto elettronico, nè la seconda con la quale si chiedevano i domiciliari senza braccialetto elettronico, non essendo al momento lo stesso disponibile. Questa seconda istanza tra l’altro non vede neanche il parere del pubblico ministero. Quindi al di là del merito della questione, per noi c’è un problema tecnico procedurale perché siamo stati estromessi dal contraddittorio, che invece è previsto per i reati con violenza sulla persona".
"Detto ciò - ha proseguito in una nota l'avvocato Chiara Penna - non ci interessa dove si trovi la signora Vespa. Ci interessa che non incroci mai più la strada dei signori Chiappetta e Cavoto e dei loro bambini. Ma soprattutto ci interessa che effettivamente le esigenze cautelari siano tutelate. E non nei confronti di Sofia, sia chiaro: escludo totalmente possa accadere qualcosa alla piccola. Mi riferisco ad un pericolo di reiterazione in generale considerato il quadro che emerge dagli atti. Il ct della procura ha ritenuto l’imputata pienamente capace e di media pericolosità psichiatrica. Per il resto aspettiamo di conoscere come si determinerà il GIP e se accoglierà la richiesta di rito abbreviato condizionato alla perizia. Noi speriamo proprio di sì, perché dopo essersi sottoposta ai test ed ai colloqui con gli altri ct, ha rifiutato di sottoporsi ai colloqui solo con le nostre consulenti dimostrando così piena capacità di autodeterminazione e discernimento. Finalmente avremo modo di dire la nostra su diversi aspetti".
"Aggiungo solo una cosa. Più stupefacente di questo provvedimento ci appare solo l’idea che gli inquirenti pare credano davvero che nessuno dei familiari di Vespa fosse al corrente di nulla. Che il marito e tutti i familiari abbiano creduto alla storia che una donna di cinquantuno anni, con utero fibromatoso ed una operazione delicata che ha messo – cito proprio gli atti difensivi che prima non conoscevamo, ma oggi sì- in discussione il fatto di poter rimanere incinta, sia riuscita non solo a concepire, ma a partorire naturalmente ed a tornare a casa in sole 24 ore, tutto da sola, senza che nessuno le sia mai stato accanto è singolare. Proprio in considerazione del miracolo in corso e del livello socio culturale della famiglia nonché di Moses, è davvero un racconto incredibile".
I legali degli indagati: no ai processi mediatici
Gli avvocati Gianluca Garritano e Teresa Gallucci, difensori di Moses Omogo e di Rosa Vespa, la coppia accusata di aver rapito lo scorso gennaio una neonata in una clinica di Cosenza, hanno replicato, in una nota, alle affermazioni dei difensori della piccola Sofia rilasciate dopo la notizia dei domiciliari concessi a Rosa Vespa. «Abbiamo appreso dai media locali le dichiarazioni rilasciate dai colleghi che assistono le parti offese nel procedimento penale nei confronti di Rosa Vespa e Moses Omogo. E’ nostro costume non rilasciare dichiarazioni che attengano al merito del procedimento, perchè convinti che i processi si debbano svolgere nelle aule dei Tribunali e non sui giornali e sui social. La sacralità dell’aula di giustizia non può e non deve essere sostituita dai processi mediatici».
«Ci teniamo, però, a precisare alcune circostanze e spiegare le ragioni di determinate scelte difensive e processuali - aggiungono gli avvocati -. Il gip di Cosenza, su istanza difensiva e con parere favorevole del pubblico ministero procedente, ha ritenuto l’insussistenza, allo stato attuale, di esigenze cautelari tali da giustificare la custodia cautelare in carcere. La misura oggi applicata, arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico (appena sarà disponibile), è stata ritenuta assolutamente sufficiente a garantire un eventuale pericolo di reiterazione del reato. Gridare allo scandalo per la modifica di una misura cautelare in carcere con altra misura meno afflittiva, ma sempre fortemente limitativa della libertà personale, è accettabile da haters dei social e non da chi esercita la professione forense. Inoltre, si continua, con l’uso dei media, a insinuare dubbi sull'eventuale responsabilità anche dei familiari di Rosa Vespa».
«Le convinzioni personali, è risaputo, non possono mai entrare nella valutazione della prova penale da parte di un Giudice. Gli atti processuali smentiscono categoricamente qualsiasi partecipazione di altri soggetti nel reato contestato. Infine, per quanto attiene alla richiesta, respinta dall’imputata, di sottoporsi a una visita da parte dei consulenti nominati dai colleghi di controparte, rappresentiamo che è stata una scelta difensiva dettata da valutazioni che verranno affrontate esclusivamente nelle sedi opportune e, in ogni caso, tali scelte non possono rappresentare spunto di conclusioni medico-psichiatriche, perchè, se così fosse, gli accertamenti tecnici non assolverebbero la loro funzione. Ci auguriamo che le future questioni di natura tecnica-processuale vengano affrontate nelle aule dei Tribunali, atteso che, per come recentemente ribadito dalla Camera penale di Cosenza, la Giustizia è «In nome del Popolo» e non «Giustizia del Popolo».
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