
Il professore Gianluigi Greco è candidato alla carica di rettore dell’Unical. Gli abbiamo posto alcune domande per conoscerne obiettivi, idee e desideri.
Come immagina il futuro dell'ateneo?
«Mi fa piacere questa domanda perché, da ex studente Unical, sono consapevole che questo Ateneo mi ha permesso di acquisire ottime conoscenze e competenze, ma soprattutto mi ha insegnato a immaginare il mio futuro. Ho imparato che immaginare e programmare, in questa terra, devono essere azioni necessariamente contigue, lezione di cui faccio tesoro e che cerco di mettere a sistema. I problemi che dovremo affrontare li conosciamo bene e riguardano la scarsità di fondi per il diritto allo studio, la conclusione dei finanziamenti PNRR, la necessità di promuovere iniziative per una più giusta erogazione dei fondi di finanziamento ordinario, il calo demografico e la concorrenza aggressiva delle università telematiche. Si tratta di sfide interconnesse che richiedono strategie innovative per preservare qualità, attrattività e sostenibilità dell'ateneo. Siamo però un’istituzione radicata in un territorio e in una memoria collettiva, avvertiamo la cura che la gente ci riserva e le aspettative nei nostri confronti, e siamo dunque pronti a misurarci col tempo nuovo che viene. Il mio programma, consultabile in rete, entra nello specifico delle misure possibili in tutte le aree dell'Ateneo, individua criticità e propone soluzioni da elaborare in collaborazione con chi nei “cubi” vive quotidianamente. Se di questo lungo elaborato dovessi sintetizzare l'anima, direi che il nostro compito futuro è trasformare le sfide in opportunità di crescita, non limitandosi a gestire l'esistente ma protendendosi sempre verso nuove possibilità, lavorando con impegno assiduo e determinato per le generazioni che vengono e per offrire loro le migliori opportunità di crescita. La mia visione è quella di un’università che costruisce con fiducia il proprio futuro percorrendo la strada della qualità e della trasparenza. L'Unical è prima di tutto comunità, è rifiuto degli individualismi e deve continuare a essere uno spazio di edificazione di pensiero critico, punto di riferimento per l'intera Calabria».
Quanto è cresciuta l' università rispetto a quando era studente?
«In pochi decenni il volto dell’università è certamente mutato; abbiamo strutturato meglio i nostri processi interni, abbiamo diversificato moltissimo l’offerta formativa, abbiamo costruito solide reti di relazioni internazionali e avviato un dialogo sempre più serrato con il territorio. Questi e tanti altri cambiamenti – davvero troppi per citarli tutti – sono però fenomeni che travalicano i confini del Campus. I riferimenti culturali sono oggi diversi, è mutata la società, la stessa Calabria è un cantiere in divenire. L’università è dunque cresciuta tanto e in tante direzioni, ma per cogliere veramente lo spirito della domanda credo sia utile ribaltarne il senso. Ciò che veramente mi colpisce in questo continuo divenire è la saldezza e la costanza con cui si ripropongono alcuni valori di fondo. L’entusiasmo di quando frequentavo da studente le aule dell’Unical è lo stesso che leggo negli occhi delle mie studentesse e dei miei studenti, che qui si impegnano nella costruzione del proprio futuro. È certo che nuovi modi di comunicare sono diventati fondamentali nelle dinamiche delle relazioni, ma tuttavia non cambia il modo di fare comunità in classe, non cambia la loro curiosità verso il mondo che li circonda, non cambia la tensione verso il futuro. Non cambiano tutte quelle caratteristiche proprie di una fascia d'età che è fondamentale per i destini della nostra regione. Non cambia la consapevolezza che questo luogo rappresenta un patrimonio collettivo da preservare e far crescere».
Qual è la figura di rettore che più l'ha ispirata e l'ispira?
«La storia dell'Ateneo ci insegna che ogni Rettore ha contribuito alla crescita dell'università secondo la propria visione e il proprio talento, adattandosi alle possibilità del momento storico: alcuni hanno dovuto difendere l'esistente in tempi critici, altri hanno potuto aprire nuovi orizzonti. Nel mio programma mi sono spesso richiamato al lavoro visionario di Beniamino Andreatta e di chi lo ha accompagnato nella sua impresa costitutiva. La filosofia alla base dell'idea di fondare l'Unical era davvero rivoluzionaria per il Meridione: costruire il futuro attraverso la conoscenza. La storia ci ha dimostrato che la sua intuizione andava oltre la semplice creazione di un ateneo, perché mirava a costruire un "ponte" tra una Calabria percepita come "un'isola senza mare" e il mondo. Andreatta era convinto che solo guardando lontano si potesse guadagnare la consapevolezza di ciò che si è, e che l'università dovesse essere un motore di trasformazione culturale prima che economica, capace di riconfigurare le "coordinate del possibile" di una regione troppo spesso raccontata attraverso il filtro della marginalità. I suoi principi costitutivi erano conseguenti: formare non solo professionisti competenti, ma una nuova classe dirigente dotata di visione ampia, capacità di analisi critica e abilità nel progettare soluzioni innovative. Il sogno era favorire un circolo virtuoso di sviluppo che coinvolgesse l'intero territorio in un progetto di emancipazione collettiva fondato sulla cultura. Da questa straordinaria lezione credo debba continuare a trarre ispirazione non solo il futuro Rettore, ma tutta la comunità universitaria».

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