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Cetraro, quei tre bus incendiati per costringere la ditta a pagare

L’inchiesta della Dda di Catanzaro sul clan emergente nel territorio dell’Alto Tirreno ha fatto luce su una serie di estorsioni a una struttura sanitaria e a un’azienda di trasporti

Caccia a Giuseppe Scornaienchi. Proseguono su tutto il territorio le ricerche del fuggitivo. Il 35enne ha fiutato il blitz e si è sottratto alla cattura. Non è la prima volta. Analogamente nel 2016 Scornaienchi era sfuggito all’arresto per poi consegnarsi alla giustizia di sua spontanea iniziativa. Assieme a lui c’è anche un altro componente della banda: Giuseppe Ferraro. I due sono al momento uccel di bosco. Giuseppe Scornaienchi è figlio di Lido, 74 anni, già condannato per associazione mafiosa e narcotraffico, il braccio destro dell’allora boss Franco Muto. Secondo il collaboratore di giustizia Luciano Impieri nel 2012 nel carcere di Catanzaro Siano è stato officiato del rango di sgarrista. Poi sono seguite altre due cariche. Ma mentre il padre era un fedelissimo di Franco Muto il figlio Giuseppe finì inizialmente in contrasto con Luigi Muto anche se poi sempre secondo i pentiti ci sarebbe stata una rappacificazione. Con i pezzi da novanta della criminalità cetrarese alla sbarra Giuseppe Scornaienchi avrebbe assunto negli ultimi anni la guida operativa del gruppo. Gestiva direttamente estorsioni, spacci di droga e intimidazioni. Un’eredità che si è tramandata da padre in figlio e che quindi è proseguita in famiglia. Nell’ultima ordinanza della Dda emergono non solo le intimidazioni alla sanità ma anche gli incendi alle abitazioni private.
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