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Primavera dei Teatri di Castrovillari, il Festival divenuto prezioso rito collettivo

La rassegna si è confermata importante appuntamento culturale. Diretto anche quest’anno da Saverio La Ruina, Dario De Luca e Settimio Pisano, anime della compagnia Scena Verticale

Nell’estate dei festival teatrali c’è, da ormai ventiquattro fertili edizioni, un appuntamento che ne segna, in modo puntuale e speciale, l’avvio. E anche quest’anno il Festival Primavera dei Teatri, diretto da Saverio La Ruina, Dario De Luca e Settimio Pisano, anime della compagnia Scena Verticale, si è confermato prezioso rito collettivo, appuntamento centrale, al sud, per osservare la nuova scena contemporanea fra conferme e novità, innesti e nuovi sguardi.

Il ricco programma proposto fra fine maggio e inizio giugno, con ben 55 eventi tra teatro, danza, musica, performance, residenze workshop e mostre, ha permesso al festival di affermarsi come «catalizzatore di cambiamento per il territorio e la comunità, una scommessa sul potere trasformativo dell’arte» intessendo prospettive di dialogo per provare a uscire dalle secche di un tempo segnato da conflitti e lacerazioni. Il Festival ha accolto artisti nazionali e internazionali, giornalisti e addetti ai lavori e un pubblico eterogeneo che ha anche approfittato di Primavera per scoprire le bellezze del territorio del Pollino che incornicia Castrovillari.

Fra le novità “Prima”, sezione che, nei molteplici spazi del Festival, ha accolto alcune fra le voci più interessanti del panorama della danza, nazionale e internazionale. Spazio poi a tante voci e molti debutti di spettacoli che vedremo in giro per i festival e nei cartelloni dei teatri italiani. “Mare di ruggine”, testo e regia di Antimo Casertano, mescola la storia di una famiglia lungo cinque generazioni e, al contempo, quella dello stabilimento ex Ilva poi Italsider di Bagnoli, una delle tante ferite aperte del nostro paese e di una comunità costretta a scegliere fra diritto al lavoro e salute; un debutto ance “Tutta colpa di Ugo”, drammaturgia e regia di Elvira Scorza, produzione Dracma di Polistena, storia familiare intima e raccolta, dove un tenero umorismo fra due fratelli viene squarciato da un disagio crescente, che si palesa denso con l’arrivo di un terzo personaggio, Ugo, appunto. Ancora al sud, per l’esistenza di privazioni e poco amore in una provincia segnata da marginalità raccontata in “Affogo” di Dino Lopardo, storia di cadute e possibili risalite alimentate dalla forza dei sogni. I brani della grande Mina e le storie delle donne della casa circondariale di Messina, dove fiorisce la splendida esperienza del teatro Piccolo Shakespeare diretto da Daniela Ursino, in un ricamo di narrazione e musica, per “Vorrei una voce”, di e con Tindaro Granata, inno alla possibilità di tornare a sognare attraverso il teatro che è vita e condivisione di storie e speranze sublimate dall’arte della grande Mina.

Con “Spezzata. Rapsodia per intercessione del silenzio) la parola drammaturgica interrotta e reiterata finemente cesellata da Fabio Pisano, attraverso corpo e voce di Mariangela Granelli, regia di Livia Gionfrida, estrae dal silenzio l’esistenza lacerata di Lisa Montgomery, donna condannata a morte per essersi macchiata di un atroce delitto, ma ancor prima bambina abusata, privata della sua innocenza e di ogni forma di amore. È stato un incontro magico e struggente, fatto di speranze, sogni e desideri “Pinocchio – che cos’è una persona?” spettacolo di Davide Iodice artefice della Scuola elementare del teatro, esperienza felice e dirompente di un teatro che è vita nell’arte, condivisione oltre limiti, fragilità. Molti applausi per i padroni di casa, con “I 4 desideri di Santu Martinu-Favolazzo osceno adatto a essere recitato dopo i pasti” dove le parole della tradizione, a partire da alcuni fabliaux anonimi medievali, con una lingua musicale e ricercata, si mescolano a suoni contemporanei, per una narrazione densa, salace e iperbolica, frutto della ricerca interessante e peculiare di Dario De Luca, autore e interprete insieme a Gianfranco De Franco, autore delle musiche, anch’esse racconto, il tutto inscritto in una scena essenziale nella sua circolarità, come il destino degli ingenui e voluttuosi protagonisti. Lieve e toccante, ironico e sognante, “La morte ovvero il pranzo della domenica” disserta con maestria e delicatezza di un tema spesso considerato tabù e lo fa attraverso l’interpretazione intensa e misurata di Serena Balivo, chiamata a dar corpo e voce, nelle parole di Mariano Dammacco a una donna non più giovane, fra memoria e pauradell’ignoto. Vibrante armonia di suono, immagine, gesto, la performance “Con-Danse” esperienza immersiva frutto dell’incontro artistico fra la voce di Cecilia Foti, i suoni di Gianfranco De Franco e il video mapping d Mario Giordano è stata un inno alla bellezza e alla vita per un viaggio immaginato come celebrazione del 70° anniversario della morte dell’artista francese Matisse.

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