E’ una storia intensa, epica, e per certi versi sorprendente, quella narrata dal film «Il Monaco che vinse l’Apocalisse». Racconta del «calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato», come lo definì Dante nel XII Canto del Paradiso. La pellicola diretta da Jordan River ha ricevuto grandi applausi all’anteprima nazionale di ieri, al cinema Citrigno di Cosenza.
Un vortice avvolgente di religione e spiritualità, letteratura, filosofia, arte, storia, amore per la natura. Un personaggio dimenticato per troppo tempo, Gioacchino da Fiore. Stupisce, l’universalità del pensiero gioachimita, il suo essere contemporaneo e attuale. Sorprende per la sua forza intellettuale, il suo potere visionario: influenzò Dante Alighieri per la Divina Commedia e Michelangelo Buonarroti per la Cappella Sistina. Il film prova a raccontarlo in maniera profonda, attraverso una narrazione lucidamente e consapevolmente laica.
«Il Monaco che vinse l’Apocalisse» ha già avuto numerosi riconoscimenti: ha vinto la XX edizione del Terni Film festival che si è chiuso proprio la scorsa settimana, e il 78° Festival Internazionale del Cinema di Salerno. Abbiamo parlato del film con Jordan River, regista e anche sceneggiatore.
Assieme a Michela Albanese hai scritto la sceneggiatura del film. Che tipo di approccio avete deciso di avere con una storia così intensa e pregna di significati?
«Siamo partiti da numerose letture, ricerca di materiali, documenti. Abbiamo sfiorato antichi libri, scritti originali di Gioacchino in latino. Ci sono diversi dialoghi in cui si sentiranno le parole autentiche di Joachim. I nomi di luoghi e persone abbiamo invece voluto lasciarli in latino per infondere il suono della lingua legata a quel tempo. Avuta la prima bozza di sceneggiatura, l’abbiamo inviata a due personalità che conoscevano già Gioacchino avendo fatto ricerche, studiato e scritto su di lui. Valeria De Fraja, una medievista molto attenta, e il noto filosofo Andrea Tagliapietra, che ha scritto anche dei libri su Gioacchino, tra cui un bestseller con Feltrinelli. Entrambi sono stati preziosi in questa fase di scrittura. Ma il film non è solo frutto di ricerche storiche, in fase di sviluppo e di scouting per le location c’è stato anche un secondo lavoro di rifinitura per rendere più aderenti la storia alle ambientazioni che avevamo scelto con scenografo e direttore della fotografia, e un’ulteriore rifinitura in fase di montaggio e post-produzione in generale. In un certo senso, dopo averlo preso dagli scaffali impolverati, ci siamo lasciati guidare da Joachim. Persino ciò che è avvenuto dopo che si batteva il ciak ha contribuito a riscrivere la storia. Si può veramente dire che lo Spirito Santo non vede confini. Ti svelo una curiosità: c’è una scena in cui Gioacchino, interpretato da Francesco Turbanti, è in meditazione scalzo, tra i boschi, e a un tratto entra in scena un cane. L’attore ha interagito con questo imprevisto e la scena è stata inserita narrativamente in un momento particolare del film...».
Dante Alighieri per la Divina Commedia e Michelangelo Buonarroti per la Cappella Sistina si sono lasciati guidare da pensiero e arte gioachimita…».
«All’epoca non tutti sapevano leggere e scrivere. E l’Abate da Fiore aveva la capacità di interpretare le Sacre Scritture come nessun altro. Perciò, diversi pontefici gli diedero l’autorizzazione per scrivere e interpretare questi antichi scritti profetici. Il più criptico era sicuramente l’Apocalisse di Giovanni. Se ci pensiamo bene, il Giudizio Universale non è altro che una rappresentazione artistica dell’Apocalisse. E Gioacchino prima di questi personaggi seppe suggerire delle visioni».
Il rapporto con la Natura di Gioacchino da Fiore, in particolare, è un aspetto del suo pensiero che risuona nell’epoca che stiamo vivendo…
«La storia di Gioacchino è divisa in più tappe. Io le ho immaginate come un percorso. Spesso anche quando pensiamo ai santi, li immaginiamo come degli altarini. E questo è sbagliato, il divino non allontana dalla vita vera, anzi più si vive una vera vita e più è autentica l’esperienza della trascendenza. Gioacchino poneva grande attenzione al terzo tempo della storia in cui tutti, vivendo una vita autentica, possono compiere positivamente il proprio destino. Gioacchino, in una fase particolare della sua vita, lascia le abbazie per osservare il silenzio e affinare il dialogo con la natura. Non è stato difficile capire il legame forte che aveva con la natura, basta sfogliare oggi le pagine del Liber Figurarum, per lui la natura era il veicolo terreno per raggiungere il mondo celeste».
Papa Francesco è stato il primo Pontefice che ha citato Gioacchino come esempio di un ideale. Insomma, avete scelto di parlare di un personaggio rimasto per molto, troppo tempo nell’ombra…
«Questa coincidenza di eventi ci ha un po’ sorpresi. Il pontificato di Papa Francesco è un po’ segnato da uno stile “gioachimita”. Non solo è a favore della pace, ma è stato anche un riformatore. Basti pensare alle correzioni nel Padre Nostro. Al di là del fatto di essere o no credenti, Gioacchino è stato ingiustamente lasciato negli archivi per secoli. Ora è il suo tempo, e il Papa ha voluto rimediare ai ritardi e alle ingiustizie di secoli di storia. Con nostra sorpresa, a giugno abbiamo ricevuto una missiva dal Vaticano con cui Papa Francesco si complimentava per il film e impartiva la Sua Benedizione Apostolica. E dire che non ho mai pensato di realizzare un film religioso, difatti anche lo stile filmico, seppur in una dimensione spirituale, è molto laico e moderno».
Accanto a un cast internazionale, tra cui l'americano Nikolay Moss (già vincitore dell'Emmy Award come Miglior Attore), Bill Hutchens, Francesco Turbanti, Elisabetta Pellini, G-Max, Giancarlo Martini e Yoon C. Joyces, sono tanti gli attori calabresi: Costantino Comito, Saverio Malara, Carmelo Giordano, Alessandro Cipolla, Salvatore Audia, Francesco Guzzo Magliocchi e Antonello Lombardo che ha recitato una parte in latino. «Il Monaco che vinse l’Apocalisse» è stato realizzato con il contributo del ministero della Cultura, Fondazione Calabria Film Commission e Regione Lazio, con il patrocinio di Provincia di Cosenza, Ente Parco Nazionale della Sila ed Ente Parco Nazionale del Pollino, il supporto documentale del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti di San Giovanni in Fiore, l’Arcidiocesi di Cosenza e della Postulazione della Causa di Beatificazione del Servo di Dio, e la collaborazione del Fai (Fondo Ambiente Italiano).
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