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La crisi si mangia pure... gli spaghetti: la pasta costa 85 centesimi in più

Rispetto a settembre dello scorso anno, cucinare e portare in tavola il più celebre dei primi piatti costa 85 centesimi in più. Il prezzo di mezzo chilo di pasta asciutta sfiora la quotazione media di un euro e cinquanta. Lo stesso pacco dodici mesi fa sugli scaffali dei supermercati era prezzato appena 80 centesimi

Un premio Nobel e uno chef stellato litigano da giorni sul metodo di cottura della pasta asciutta. Il fisico Giorgio Parisi lancia l’idea del fuoco spento per risparmiare sul gas. Il cuoco Antonello Colonna lo boccia perché lo spaghetto risulterebbe troppo gommoso. Risultati migliori si avrebbero con la cucina a freddo. Una battaglia ideologica che rischia di perdere di vista, però, la realtà di uno scenario drammatico che va cristallizzandosi: presto il problema non sarà più come preparare uno degli storici piaceri della tavola ma chi potrà permetterselo. Spaghetti al pomodoro, il pasto essenziale, rischia di diventare un lusso. Lo è già per almeno seimila famiglie cosentine che non se la passano davvero bene in questi ultimi mesi. L’iperinflazione sospinta dai venti di guerra ha generato nuove povertà con economie domestiche ovunque disfatte. Certo, i prezzi di grano e cereali avevano cominciato la corsa al rialzo già a novembre.

Al resto ci hanno pensato gli effetti delle sanzioni e le speculazioni. Il risultato è che il costo di mezzo chilo di pasta comune è quasi raddoppiato. Ed è cresciuto, a causa dei rincari dei prodotti energetici, anche il prezzo di pomodori pelati e olio (d’oliva naturalmente visto che quello di semi è diventato un bene di lusso) in vendita nei supermercati.

Ed è così che la crisi si è mangiata pure il piatto più semplice ed economico sempre da sempre presente sulle nostre tavole. Oggi, però, gli spaghetti al pomodoro rischiano di finire nella “lista nera” della spesa, tra i prodotti non più alla portata dei consumatori medi. Mezzo chilo di pasta, una lattina di pelati, un ciuffo di basilico, acqua, sale e un filo d’olio erano il minimo sindacale presente in tutte le dispense. Ma la crisi attuale ha spinto il piatto simbolo della tradizione in coda alla fila dei consumi alimentari diventando optional forzato della dieta. Ma facciamo un po’ di conti. Nel settembre del 2021 mezzo chilo di pasta si portava a casa con 80 centesimi. Oggi, in media, la quotazione è quasi raddoppiata, arrivando a sfiorare un euro e 50 a pacco.

Un anno fa, una lattina di pelati (da 400 grammi) costava in media 85 centesimi, oggi il prezzo galleggia attorno a un euro. Tralasciando le evoluzioni del valore al dettaglio di sale e basilico, puntiamo tutto sull’olio d’oliva che nel settembre del 2021 veniva quotato a 6,30 euro al litro e che oggi, in media, ha superato l’asticella dei sette euro. Fortunatamente, il contributo dell’unto in padella è minimo, quindi a formare il valore di un piatto di spaghetti al pomodoro sono, sostanzialmente, i due principali ingredienti. Dodici mesi fa per una ricetta per quattro persone si sommavano gli 80 centesimi della pasta agli 85 dei pelati. Totale: 1,65 euro, al netto di sale, olio e gas per la cottura. Oggi, invece, per preparare lo stesso quantitativo servono 1,50 per la pasta e un euro per i pelati. Che insieme montano a 2,50. E cioè: 85 centesimi in più rispetto allo scorso anno. Ed è così che, in tempi di crisi, persino la pastasciutta è diventata un bene di lusso.

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