Riceviamo e pubblichiamo una lettera della consigliera comunale a Cosenza, Bianca Rende
Sotto le luminarie niente o quasi. Se non ci fosse stato il Black Friday ed ora l’arrivo dei saldi, il commercio cosentino extralimentare vivrebbe una crisi che si manifesta anche visivamente nel centro storico, in periferia e nella stessa “main street”: Corso Mazzini, dove stanno chiudendo negozi di prestigio nell’abbigliamento e calzature cedendo il passo a franchising meno esclusivi e attraenti per chi proviene dalla provincia, solo un tempo subalterna sul piano economico. Non bastano quindi le premiazioni alle meritorie ma poche eccellenze resilienti a colmare un vuoto che si manifesta nell’insuccesso, almeno finora, anche della Consulta per il commercio e nella obnubilazione della Camera di commercio. Stiamo ormai diventando una “semi-città” che si riscalda solo con il calcio. Invece una volta a Cosenza il commercio era la principale attività produttiva e i negozianti avevano talmente fiducia nel Comune da accettarne persino una Moneta Bruzia che poi sarebbe diventata la beffa di una cambiale insoluta. Per non parlare dell’abusivismo, vera spina nel fianco del commercio regolare, ma anche del decoro urbano, essendo più che evidenti, ormai, il mancato controllo non solo dell’occupazione di suolo pubblico ma anche della appropriatezza della merce esposta con il decoro supposto o reale dei luoghi abusivamente occupati con bancarelle male arrangiate o l’aumento dei distributori automatici senza controllo che spesso diventano zone di bivacco, a discapito dei piccoli esercizi.
Oggi, la programmazione di una politica commerciale richiede una sfida d’area intercomunale, almeno a livello della città metropolitana di cui si parla solamente, una rete di trasporti più efficace e non certo il “buco” dell’Amaco, la realizzazione di un piano del traffico che, come dimostrato in queste feste natalizie, è urgente per evitare le code che hanno scoraggiato molte persone ad avvicinarsi, la limitazione dell’accesso in alcune parti della città, sostenuta con parcheggi accessibili e sostenibili economicamente dagli utenti, una pubblicità d’area anche televisiva ad ampio raggio. E, poi, consorzi e cooperative locali per l’acquisto delle materie prime e il coordinamento degli orari tra Comuni limitrofi, la costruzione di un brand promozionale per l’intera area urbana. Per non parlare di eventi di primo piano e richiamo e il ripristino di una Fiera annuale dei prodotti locali, l’apertura di una enoteca comunale permanente con le cantine e produttori dei ben cinque vitigni doc, l’utilizzo qualificato del tempo libero ben al di là del meritorio volontarismo del Teatro Rendano, sempre più pop e meno legato alla qualità della tradizione. Eventi diurni e non solo notturni, che non recano alcun vantaggio reddituale al commercio locale, riducendosi al solito viaggio, andata e ritorno, di avventori occasionali e gratuiti che trovano una città di notte se non inospitale addirittura priva di servizi igienici ad hoc e inaccessibili per le donne e gli anziani. La regionalizzazione del commercio è irrinunciabile e già nelle altre Regioni stanno decollando leggi sui Distretti che prevedono strategie condivise e programmi per un rilancio delle attività commerciali ma soprattutto il finanziamento per una fiscalità agevolata sui canoni mercatali e la seria riduzione delle tariffe sui Rsu, il sostegno agli esercizi di prossimità e socialità, artigianato e ambulanti nei centri storici.
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