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Cosenza, il progetto di “città unica” bocciato dai sindaci

Caruso e Greco frenano sulla fusione tra il capoluogo, Rende e Castrolibero. A Corigliano Rossano raccolta di firme per la scissione

Unioni, fusioni e... disaccordi. L’ipotesi di fare di Cosenza, Rende e Castrolibero una sola città non entusiasma il sindaco del capoluogo. «Sono favorevole» dice Franz Caruso «ma l’idea della città unica può arrivare solo dopo un lungo percorso e non può essere calata dall’alto. Come potrebbero Castrolibero, che ha situazione finanziaria in perfetto equilibrio e Rende, che è appena uscita dal predissesto, unirsi con Cosenza che vive una condizione economica disastrosa? I passaggi devono essere graduali» spiega il primo cittadino bruzio aggiungendo: «Abbiamo cominciato a lavorare in modo coordinato nel settore dei trasporti pubblici con un percorso unico per le tre città e una sola biglietteria. Amplieremo l’esperimento ai settori rifiuti, acqua, ambiente e cultura. Io penso addirittura al superamento del concetto di “città unica” puntando alla creazione di una vasta area metropolitana che ricomprenda pure i comuni della Presila, delle Serre cosentine, del Savuto e della Media Valle del Crati. L’area metropolitana consentirebbe il mantenimento delle singole identità e la gestione comune di tantissime risorse come dimostra l’esempio di Reggio».
A Castrolibero, il consiglio comunale ha preso nettamente posizione sull’ipotesi che il consiglio regionale possa approvare risoluzioni che vadano in direzione della creazione di una fusione con Cosenza e Rende. L’assemblea municipale l’ha bollata come una sorta di tentativo di annessione. Il sindaco Giovanni Greco, ha chiesto uno studio di fattibilità finanziaria sottolineando che, in ogni caso, dev’essere tenuto conto della volontà popolare. La polemica s’è innescata appena ha iniziato a circolare una bozza in consiglio regionale relativa alla ipotetica fusione. Una fusione alla quale pure Confindustria, attraverso il presidente Fortunato Amarelli, guarda con cautela, augurandosi, prima di tutto, un cambio di passo della dirigenza politica. « Il futuro di quest’area è strettamente connesso alle capacità delle classi dirigenti di riuscire a costruire» afferma Amarelli «consenso politico su obiettivi di sviluppo e di benessere sociale di lungo periodo, ovvero di indirizzare le azioni del presente verso futuri auspicati, superando la logica degli interventi puntuali, particolaristici e finalizzati al mero consenso elettorale più immediato». Come dire: ci sono ancora troppe divisioni.

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