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Corigliano-Rossano, Antoniotti: la nuova città è nata col sogno di diventare Provincia

L’ex sindaco di Rossano plaude al progetto lanciato dal primo cittadino Stasi. L’ex amministratore smorza le polemiche che arrivano dal capoluogo: non vi è alcun tentativo di sminuire Cosenza

«Valutare la creazione di una nuova provincia nel vasto territorio della Sibaritide credo sia obbligatorio». Lo sostiene con convinzione l’ex sindaco di Rossano, Giuseppe Antoniotti, tra i principali sostenitori della nascita della città di Corigliano Rossano in seguito alla fusione tra Corigliano Calabro e Rossano i due principali comuni della Sibaritide che oggi conta circa 80mila abitanti. Ma non è solo questa la motivazione addotta da Antoniotti per giustificare la necessità e «l’obbligo», come è stata definito da egli stesso, la proposta di istituzione della provincia in questa parte ricca della Calabria e della provincia di Cosenza. Egli sottolinea, infatti, che «la nuova Città è nata anche in funzione di un'ipotesi di autonomia provinciale». L’ex primo cittadino di Rossano evidenzia che per egli e tutti gli altri che in passato hanno lavorato «affinché si realizzasse la nuova provincia, oggi credo sia opportuno considerare la questione seriamente». Non solo evidenzia di essere stato promotore della fusione «che durante la mia consiliatura abbiamo deliberato all’unanimità».

Aggiunge che la nuova città è stata voluta anche per creare l’ipotesi di autonomia provinciale. Gli chiediamo cosa pensa della posizione assunta dall’On. Antoniozzi che non ha condiviso l’idea di far nascere una provincia della Sibaritide ridimensionando la provincia di Cosenza. Non ha dubbi Antoniotti sul fatto che non vi sarebbe nessun tentativo di ridimensionare la provincia di Cosenza, anzi la stessa verrebbe alleggerita e potrebbe puntare ad una maggiore azione verso i territori essendo troppo vasta, dando la possibilità a questo territorio di potersi gestire amministrativamente e di sfruttare le grosse potenzialità per la presenza del Porto, dei beni culturali e di una fiorente agricoltura. Ritiene, perciò che, «con la nascita della terza città della Calabria, le condizioni rispetto a decenni addietro sono mutate e credo siano maturi i tempi per staccarsi da Cosenza, una provincia con 155 comuni».

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