La Sanità è un eterno filare ingarbugliato, un transito di dannazione che piega la fatica di uomini stanchi e non abbastanza saldi nella fede. La nuova emergenza si vive da un paio di settimane in Calabria e in altre zone dell’Italia. Ma qui, ovviamente, diventa qualcosa di diverso. L’ultima asperità di questa storia è rappresentata dal pasticcio del nuovo nomenclatore tariffario (entrato in vigore proprio alla fine dell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle) con nuovi codici e nuove dizioni. Un terremoto che ha provocato disagi perché adesso è come attraversare un campo minato per l’identificazione della malattia che può anche non essere la stessa davanti ai numeri che la definiscono sulla ricetta del medico. Un caos burocratico in cui restano quotidianamente intrappolati gli assistiti. Gente che si reca dal proprio dottore per richiedere l’impegnativa per una visita medica o per accertamenti di tipo diagnostico in strutture pubbliche o convenzionate. E con la ricetta si vede respinta dal Cup la richiesta di prenotazione per il mancato allineamento dei codici. E così, capita che ciò che sul software house del medico di famiglia risulta come esame del colesterolo, ad esempio, al Cup potrebbe corrispondere come altro accertamento, che, magari, non ha alcun nesso con il motivo della richiesta. Per comprenderci, è come se nella stessa casa, sotto lo stesso tetto, si parlassero due lingue completamente diverse. E due linguaggi sembrano essere usati anche nell’indicazione dell’accertamento diagnostico da eseguire. Alcuni esami classici sono stati accorpati e figurano con nomenclature che devono essere ricercate in mezzo a migliaia di prestazioni. L’elettrocardiogramma, ad esempio, non è più direttamente presente tra gli esami mutuabili ma viaggia a braccetto con la visita cardiologica. La caccia al nome dell’esame prosegue fino al Centro unico di prenotazione dove si può anche non essere accettati. Più che ordine, l’aggiornamento ha finito per generare disordine. Una pietra d’inciampo che ha già dilatato tempi eccessivamente lunghi e che si ritrovano nelle interminabili liste d’attesa.
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