
Succede così, a volte. La vita disegna traiettorie strane. Succede che un ragazzino di Reggio Calabria diventi l'architetto silenzioso di uno dei più grandi imperi della moda mondiale. Succede che quel ragazzino, molto tempo dopo, torni nella sua Calabria per ricevere un riconoscimento che parla di radici. Di memoria. Di casa. È accaduto ieri, nell'Aula Magna dell’Unical, alla presenza delle autorità accademiche, di studenti e di tantissimi ospiti che hanno voluto rendere omaggio a uno dei più illustri calabresi nel mondo: Santo Versace era lì, accompagnato dalla moglie, l’avvocata reggina Francesca De Stefano – compagna di vita e di impegno sociale e filantropico (nella Fondazione Santo Versace a sostegno dei fragili, che promuove progetti di inclusione sociale, contrasto alla povertà, educazione e formazione) – per ricevere la laurea magistrale Honoris Causa in Ingegneria Gestionale.
«È con profonda emozione che oggi prendo la parola di fronte a voi», ha esordito Versace, che a dicembre aveva festeggiato gli 80 anni. E la voce tremava appena. Poi ha tenuto una lectio magistralis. E la sua non è stata solo la storia di un'azienda, ma la geografia dell’anima di una famiglia. «La mia storia inizia a Reggio Calabria, in una famiglia che mi ha insegnato, con l'esempio e con l'amore, il significato del lavoro, della responsabilità e della leadership». Parole semplici. Parole enormi. Aveva nove anni, Santo, quando la sorella Tinuccia morì. «Credo che la mia infanzia finì quel giorno – ha confessato – E diventai adulto». La vita ha di queste crudeltà. Ti strappa all'infanzia. Ti getta nell'abisso. O impari a nuotare, o affondi. Santo imparò a nuotare. Per sé. Per Gianni. Poi c'era il padre, Nino. Un uomo che vendeva carbone. Poi gas. Poi elettrodomestici. Poi mobili. Un uomo con una visione. Che preferiva «strappare le cambiali piuttosto che mettere in imbarazzo i clienti in difficoltà». Un uomo che non vedeva solo numeri, ma persone. E c'era la madre, Franca. La sarta che ha seminato in Gianni il seme della bellezza. Dell’amore per le trame della stoffa, per gli orditi preziosi, per il disegno.
Ecco come nascono i miracoli: un fratello che sogna, un fratello che calcola. «La Gianni Versace Sas nacque nel 1972 da un'esigenza di ordine e disciplina», ha raccontato Santo Versace. E sembra quasi di vederlo, quel giovane commercialista, a strutturare un'azienda che presto avrebbe conquistato il mondo. «Gianni creava, io pianificavo. Era una sinergia perfetta». Due metà che formano un intero. «Il 28 marzo 1978 presentammo la collezione Gianni Versace Donna. Fu un successo straordinario». Ha ricordato con la semplicità di chi sa che dietro ogni grande traguardo c'è un’infinità di piccoli passi. Di tante scelte difficili. Di notti insonni. Poi Tokyo, Parigi, New York. Un impero che cresce e si espande in tutto il mondo. Con Santo spesso sulla pedana a chiudere le sfilate quando Gianni non poteva esserci. E non per protagonismo. Per affermare un principio: «Versace non era solo un marchio, era una visione».
L’Università della Calabria lo ha celebrato ieri. Non ha celebrato solo il successo, l'impresa, i numeri, ma la capacità di trasformare il talento in sistema. Il sistema in bellezza. La bellezza in eredità. Lo ha detto con chiarezza il Magnifico Rettore Nicola Leone: «Conferire la laurea Honoris Causa a Santo Versace significa riconoscere non solo l'eccellenza imprenditoriale di un calabrese illustre, ma anche celebrare un modello di leadership che unisce visione strategica e valori familiari. La sua capacità di trasformare il talento creativo in un impero globale rappresenta una lezione preziosa per i nostri studenti. Versace incarna perfettamente quella sintesi tra radici culturali e prospettiva internazionale che l'Università della Calabria promuove come pilastro formativo».
E infatti mentre riceveva la pergamena Santo guardava i giovani studenti, e a loro si è rivolto: «Credete nelle vostre radici. Imparate ad amare la vostra storia, perché è proprio lì che troverete la forza per costruire qualcosa di grande».
La Calabria ha applaudito a lungo uno dei suoi figli, che ha saputo andare lontano senza mai dimenticare da dove veniva. Un figlio che ha capito che il successo non è mai solo una questione di talento. È anche disciplina, visione, coraggio. E forse, soprattutto, è amore. Per ciò che si fa. Per chi si è stati. Per le storie che ci hanno generato. Santo Versace ha sorriso. Si è commosso. Ha ringraziato. E in quel grazie c'era tutto: un viaggio incredibile, partito da qui, tornato qui. Un cerchio perfetto.
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