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“Cosenza, goditi Caserta: pensa solo al calcio h24”: garantisce l'ex rossoblù Ciancio

Fabio Caserta è diventato da poche ore il nuovo allenatore del Cosenza ma già prima di compiere la sua scelta era stato indirizzato da alcuni conoscenti del mondo del calcio e dai suoi amici più stretti.
Appartiene a questa seconda cerchia l’ex terzino silano Simone Ciancio, ora al Novara. Il laterale destro, in riva al Crati tra il 2014 e il 2016, è pronto a mettere la mano sul fuoco sulle qualità del tecnico: «Fabio è uno degli amici più stretti che mi ha regalato questo mondo, in cui i rapporti profondi si contano sulle dita di una mano. Ho sempre apprezzato il suo modo di essere, dice sempre ciò che pensa. Sono sicuro che Cosenza saprà apprezzare le sue virtù, sia quelle professionali sia quelle umane. Entrambe sono innegabili. Per me è stato una persona molto importante, mi ha insegnato tantissimo. Ho avuto la fortuna di conoscerlo quando era a fine carriera, alla Juve Stabia. Parliamo di un uomo con un curriculum di spessore. Da lui ho appreso finanche come ci si comporta all’interno di uno spogliatoio. Un incontro che mi ha segnato. Ci sentiamo abbastanza spesso e quando nell’ultimo periodo abbiamo affrontato il tema-Cosenza. Mi ha confessato la proposta ricevuta e gli ho suggerito di non pensarci: “Accetta senza perplessità perché è una piazza straordinaria”. Mi auguro che possa essere un campionato importante perché voglio bene a Fabio e perché sono troppo legato alla città, alla squadra e ai suoi tifosi. Ancora oggi ho vari amici, che sento abbastanza di frequente».
Tantissimi gli aneddoti che lo legano a Caserta: «Quando ci siamo conosciuti era già mentalizzato per fare l’allenatore. Pensa al calcio h24. In quel periodo abbiamo pure vissuto insieme, nella sua casa di Pompei, poiché le nostre mogli non erano con noi. Così la sera, mentre cenavamo, mi spiegava la tattica e continuava a parlare degli allenamenti, arrivava un momento che dovevo dirgli: “Fabio, ora basta, stacca un secondo”. Questo è Caserta, un allenatore estremamente meticoloso, puntiglioso, attento ai dettagli ma soprattutto un vincente. Lo dicono i fatti. Un tecnico moderno, che ama praticare un calcio offensivo ma allo stesso tempo è un uomo intelligente e sa adattare il suo gioco alle qualità dei suoi calciatori. Bisogna sempre modellare la propria filosofia al materiale umano che si ha a disposizione e lui lo ha sempre fatto. Ha utilizzato tracce differenti a Castellammare di Stabia, Perugia e Benevento».
Il terzino destro di Genova ha inoltre ricordi indelebili della sua esperienza cosentina: «Il mio percorso è iniziato in maniera terribile. All’esordio sono stato espulso a Salerno, ho pensato: “abbiamo cominciato alla grande”. Le prime gare con Cappellacci non sono state positive, poi però la stagione è svoltata con Roselli. Ha creato un gruppo pazzesco, qualcosa che non mi è mai più ricapitato. Molti vivevamo nello stesso residence, le porte di casa erano sempre aperte. Ci frequentavamo durante tutta la giornata malgrado ci fosse chi avesse lì anche moglie e figli. Capitava di fare colazione, pranzo e cena insieme. Poi il ricordo della finale di Coppa Italia di Lega Pro e la fortuna di fare il gol nella sfida di ritorno. Ho la pelle d’oca a ricordarlo. De Angelis mi ha ceduto il pallone al termine di una lunga corsa. Per almeno quattro minuti, dopo la rete, non riuscivo a concentrarmi sulla partita, la mia concentrazione era catturata dallo spettacolo sugli spalti. Lo stadio era pieno, i tifosi ti trasmettevano una carica indescrivibile, un popolo eccezionale. Quel giorno peraltro avevo fatto accreditare i miei cugini e dopo il gol mi sono affrettato a raggiungere la tribuna per dedicare loro la rete ma erano in quella opposta, la B. Ancora oggi mi prendono in giro».

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