Cosenza ’94-’95, la squadra perfetta. Pagliuso: “Stavo per esonerare Zac. La serie A? Non ce l'ho fatta, me ne scuso”. ATTO III
L'ultimo atto della saga a tinte rossoblù. Uno dei capitoli più belli della storia calcistica del Cosenza. Per molti “il” più bello. Una cavalcata-salvezza che stava per sconfinare in qualcosa di più grande, come la promozione in A: quel traguardo che, dalle parti della città dei bruzi, sognano ancora di raggiungere.
Zaccheroni: «Non tutti ci hanno creduto allo stesso modo»
Nonostante tutto, qualcosa è mancato. Lo confessa Alberto Zaccheroni, artefice principale del miracolo cosentino. Un mix clamoroso quello creato in riva al Crati dal patron Paolo Fabiano Pagliuso, dal dg Gianni Di Marzio e dal ds Roberto Ranzani: esperti-trascinatori e giovani di belle (bellissime speranze), nonostante le difficoltà. «Cosa ci ha impedito di arrivare in A? Ho un solo rammarico», confessa Zac, «e riguarda il fatto che non tutti ci hanno creduto nella promozione. Un grande peccato, si poteva fare». Gli fanno eco lo stesso Pagliuso. «Ci ho provato in tutti i modi, non ci sono riuscito. E di questo me ne scuso con i tifosi del Cosenza». L'esperto portierone dell'epoca Giacomo Zunico rincara le dose: «C'era una differenza di trattamento tra le squadre del Nord e quelle del Sud. Come è possibile che io abbia vinto campionati solo quando ho giocato in club settentrionali? Eppure le squadre erano forti allo stesso modo». Il giornalista Franco Rosito, senza dare giudizi di valore, riporta la voce che correva in quegli anni: «Il Cosenza non poteva andare in serie A perché non aveva grande potere contrattuale. Questo si diceva, di certo è un gran peccato che ciò non sia mai avvenuto».
La verve di Gianni Di Marzio e il ricordo di Gigi Marulla
I grandi “assenti” di questo amarcord sono l'eterna bandiera e capitano Gigi Marulla, il dg Gianni Di Marzio e il ds Roberto Ranzani. Assenti, però, solo fisicamente, perché negli occhi degli intervistati il loro ricordo è ancora vivo, palpabile. Rosito ricorda quando l'irreprensibile Di Marzio si “scioglieva” e diventata un burlone. «Sapendo che i giornalisti si appostavano alle 14,30 in zona stadio per le interviste, s'inventò che quel giorno la squadra era in silenzio stampa. Andai su tutte le furie e alzai la voce prima di capire che fossi su... “Scherzi a parte”. E giù grasse risate». Marulla, poi, a pochi anni dalla fine della sua avventura con la maglia del Cosenza. Unico nel suo genere, nel saper accogliere i giovani e fare comunella con gli altri veterani nello spogliatoio. «Un grande uomo, prima che un grande calciatore», ricordano Marco Negri e Chicco Palmieri. «Ci manca tanto nostro fratello», sottolineano Gigi De Rosa e Ugo Napolitano. «Spesso ci dava delle dritte, ci orientava», svela Rosito, «come avveniva con altri giocatori dell'epoca, ormai possiamo dichiararlo. Altri tempi. Il fatto che poi sia rimasto qui e abbia difeso i colori del Cosenza anche in altre vesti, lo ha reso eterno. Spesso finiamo a parlarne con il figlio Kevin, ricordando le vicende dell'epoca».
Cosenza e.. gli attributi
«Il pazzo del gruppo era De Paola», rammenta col sorriso Ugo Napolitano, «un uomo dal carisma enorme. Fenomenale». Una squadra speciale, una squadra con gli attributi. «A detta di tutti i tifosi», conclude lo stesso De Paola (“Rambo”, come lo ha ribattezzato il giornalista Rosito), «questa è stata la squadra con più palle di tutte le altre che si siano viste a Cosenza». Amen. E così sia, nei secoli dei secoli calcistici. Prima puntata Seconda puntata