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Bisignano, lo sfregio compiuto contro Sant’Umile

Le reliquie del miracoloso frate della Valle del Crati furono trafugate nel 1977 e mai più ritrovate

I ladri senza... Dio. Capaci di saccheggiare  chiese e santuari, di spogliare cappelle cimiteriali e sottrarre statue votive dai luoghi consacrati. La Calabria ha fatto registrare moltissimi episodi nell’ultimo secolo e alcuni beni sono stati ritrovati anche grazie all’intervento della criminalità. Una cosa di cui non andare fieri.
Le nuove indagini avviate dai carabinieri del Nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale lasciano ben sperare e certamente aiuteranno a fare chiarezza su un “mistero” lungo 38 anni. Il “mistero” legato alla sparizione delle reliquie di Francesco da Paola, il Santo taumaturgo venerato in tutto il mondo, il cui sepolcro venne depredato d’ogni cosa nella notte tra il 2 e il 3 ottobre del 1983. I ladri sacrileghi quattro giorni dopo – forse perché “pentiti” o più realisticamente perché minacciati da qualcuno – fecero ritrovare una parte del bottino arraffato nel Santuario: i denti, il saio, il Rosario, uno zoccolo di legno del Santo. Furono rinvenuti all’interno di un sacco di plastica sulla via Ostiense, a Roma. Il resto invece non è mai stato recuperato. I carabinieri del capitano Bartolo Taglietti hanno da qualche tempo  ripreso le ricerche con l’obiettivo di riportare a Paola, il busto argenteo, il Crocefisso, la lampada votiva ed i reliquari trafugati. Essendo i reati prescritti si tratta solo di un’azione investigativa importante dal punto di vista devozionale e simbolico oltre che operativo, alla quale chiunque potrà offrire collaborazione. I militari del generale Roberto Riccardi sono pronti a raccogliere spunti e testimonianze, basta contattarli al comando del Nucleo di Cosenza. In passato, d’altronde, sono stati capaci di recuperare, dopo decenni,  reperti archeologici e opere d’arte rubate in Calabria individuate negli Stati Uniti e nel cuore del Vecchio continente.
Ma c’è un altro furto di spoglie compiuto in danno di un Santo calabrese: Umile da Bisignano, frate miracoloso della Valle del Crati. Ne abbiamo parlato su Gazzetta negli anni scorsi. Questi i fatti. Nella notte tra il 13 e il 14 marzo del 1977, qualcuno penetrò, a Bisignano, nella cripta contenente le spoglie di Sant’Umile e le portò via. Il furto sacrilego gettò nello sconforto la comunità che venera il miracoloso frate sin dall’anno della sua morte: il 26 novembre 1637. Umile da Bisignano, dotato di carismi straordinari, venne proclamato Beato da Papa Leone XIII il 29 gennaio 1882. Mentre il pontefice più amato del Dopoguerra, Giovanni Paolo II, lo dichiarò Santo, in piazza San Pietro, il 19 maggio del 2002. Il 25 gennaio del 2012, a pochi mesi dal decennale della canonizzazione, mentre nel centro del Cosentino fervevano i preparativi per la celebrazione della ricorrenza, si pensò che qualcuno avesse deciso di restituirne i resti rubati venticinque anni prima. Uno sconosciuto, infatti, si presentò al priore del santuario durante le confessioni e gli lasciò un pacco contenente delle ossa umane avvolte in un giornale pubblicato proprio nel 1977. Tutti pensarono che potesse finalmente trattarsi delle spoglie del Santo. La Procura di Cosenza avviò subito una inchiesta che si concluse però con una inevitabile archiviazione. Purtroppo per i fedeli gli accertamenti scientifici smentirono la suggestiva e quasi romanzesca ipotesi che un ladro “pentito” avesse deciso di restituire il maltolto. Le ossa – si scoprì – appartenevano a due uomini: uno vissuto tra il 1030 e il 1060 e, l’altro, tra il 1270 e il 1400. Non poteva dunque trattarsi delle spoglie di Umile da Bisignano, nato molto tempo dopo.  Peccato.

I precedenti

All’oltraggio compiuto contro San Francesco e Sant’Umile s’aggiungono, nella regione, altri gravi episodi caratterizzati, però, da un finale diverso. Venerate effigi e ornamenti preziosi sottratti dalle statue patronali sono stati infatti ritrovati grazie all’intervento della picciotteria. È accaduto, per esempio, ad Albidona, nel Cosentino, dove la notte del sette maggio del 1932 venne rubata la spada di argento massiccio della statua di San Michele Arcangelo. Gli autori del furto vennero individuati dai carabinieri reali grazie alle “soffiate” degli “uomini d’onore” locali e la lama in argento fu recuperata sebbene già divisa in otto parti. Lo stesso accadde successivamente pure a Seminara e Reggio.  La Calabria è, d’altronde,  una terra di fede e di ‘ndrine. È per questa ragione che, in alcune occasioni, è stato possibile recuperare effigi ed ornamenti sacri sottratti ai fedeli da ladri senza scrupoli. A Seminara, il 12 agosto del 1977, venne rubato l’oro che adornava la veneratissima Madonna dei Poveri. La circostanza indusse i malavitosi della Piana di Gioia Tauro a mobilitarsi e il maltolto fu fatto trovare ai carabinieri pochi giorni dopo con tanto di lettera di scuse firmata dai malviventi. E sempre ad agosto, ma nel 1982,  a Reggio Calabria venne rubato il quadro della Madonna della Consolazione. Dopo 48 ore, tuttavia, qualcuno pensò di farlo ritrovare alla Polizia a 800 metri di distanza dal Santuario dov’era custodito da decenni. Ma reperti sacri sono stati recuperati anche grazie alle forze dell’ordine. Nel 2012, a Cosenza, venne nottetempo rubata la corona in argento che cingeva il capo della statua della Madonna nell’antica chiesa di San Domenico. La compagnia cittadina dell’Arma è riuscita a individuare e denunciare il ladro costringendolo a restituire il prezioso ornamento.

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