Un fratricidio. Compiuto sotto gli occhi di un bambino, in pieno giorno, a Mongrassano. Un delitto d’impeto consumato utilizzando un’autovettura lanciata a velocità contro la vittima. La ragione? Il terribile sospetto di una tresca esistente tra la figlia e il fratello dell’omicida. Sulla vettura che passa due volte sul corpo dell’ucciso, sfracellandolo, sono seduti, oltre all’offender che è alla guida, la cognata e un minore. Ha infatti solo dieci anni il testimone oculare dell’uccisione di Pasquale Marino, 47 anni, assassinato dal germano, Giuseppe, 45, per rancori personali e gelosia.
Il bambino è accovacciato sul sedile posteriore e non gli viene risparmiato nulla: le imprecazioni dell’assassino, le urla disperate della vittima, le richieste di aiuto dei passanti, il pianto dirotto della figlia ventiduenne di Giuseppe Marino. È lei l’apparente e ingiustificabile causa di tanta barbarie: il padre sospettava che avesse una relazione amorosa con lo zio. Un dubbio diventato realtà nella mente dell’autore del crimine quando ha visto la ragazza insieme con lo zio pronta a caricare le valigie in macchina per andare via dal paese.
La ragazza fuggiva dal padre e non certo per ragioni sentimentali. Già, perchè l’aveva denunciato, mesi prima, per maltrattamenti e lo zio stava solo cercando di aiutarla. Compiuto il crimine, il quarantacinquenne s’è allontanato, ha fatto scendere il piccolo e agghiacciato testimone, lasciandolo a casa della nonna e ha raggiunto una località di campagna dove ha abbandonato l’auto e preso posto su un altro mezzo con cui ha deciso, in compagnia di un amico, di raggiungere Cosenza.
Voleva parlare con il suo avvocato ed è proprio a due passi dal palazzo di giustizia che i carabinieri l’hanno arrestato. Marino, difeso dagli avvocati Angelo Pugliese e Emilio Lirangi, ha confessato le proprie responsabilità, spiegando le ragioni di tanta ferocia. «Per difendere mia figlia» ha detto «ho perso la ragione e ho fatto quello che non avrei mai dovuto fare». L’uomo ha confermato l’esistenza del presunto rapporto affettivo-amoroso tra la figlia e il fratello. Un rapporto che la figlia ha seccamente smentito, frutto di una sorta di ossessione fattasi largo nella mente di Marino. L’assassino, dopo alcune settimane trascorse dietro le sbarre, è stato assegnato agli arresti domiciliari ed è andato a vivere a Montalto Uffugo.
Oggi verrà processato dal gup, Piero Santese, con rito abbreviato. È accusato di omicidio aggravato dal pm Donatella Donato che ha seguito tutta l’evoluzione della vicenda. Agli atti processuali è allegata anche la denuncia fatta dalla figlia nei mesi scorsi. Giuseppe Marino, però, viene presentato al magistrato che dovrà giudicarlo come un soggetto «parzialmente capace di intendere e di volere al momento del fatto». E ciò sulla base di una consulenza di parte fatta eseguire dai suoi legali. Una consulenza che appare del tutto antitetica rispetto a quella prodotta invece dall’ufficio del pubblico ministero che giudica Marino perfettamente cosciente e razionale nel compiere il delitto. Stamane il gup Santese dovrà valutare se disporre una sorta di superperizia oppure giudicare l’imputato sulla base degli atti esistenti.
La procura diretta da Mario Spagnuolo punta alla definizione celere della vicenda, la difesa spera al contrario di veder riconosciuto il vizio parziale di mente.
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