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Scalea, Ilaria vittima della furia cieca di Antonio. Disposta l'autopsia su entrambi

Gli ultimi messaggi su whatsapp scritti dal vigilante prima di compiere il programmato delitto. Ricostruito tutto il percorso seguito dall’uomo per giungere in via Borsellino dove poi si è ucciso

L’anamnesi d’una tragedia. Sbalzi repentini di umore, aggressività accentuata, irrequietezza e un pensiero fisso: Ilaria. La rottura della relazione con la docente trentunenne, madre della figlioletta di appena due anni, aveva turbato molto Antonio Russo, 25 anni, vigilante con la passione per le armi. L’uomo soffriva un evidente disagio legato alla chiusura del rapporto sentimentale: non accettava la fine della storia, non si rassegnava al distacco deciso dalla ex compagna a causa delle sue gelosie e della sostanziale incompatibilità caratteriale. E più lui negli ultimi mesi insisteva con Ilaria per riallacciare il rapporto più la donna ne prendeva le distanze atterrita dalle esagerate sortite dell’ex partner. Sono stati disposti gli esami autoptici sui corpi di Ilaria Sollazzo e di Antonio Russo

Le indagini

È negli ultimi messaggi inviati su whatsapp, che è nascosta la verità di quanto accaduto sabato notte in via Borsellino a Scalea. Le parole scritte da Russo suonano come un testamento di disagio lasciato per raccontare la fine tragica di due vite. Ilaria Sollazzo temeva Antonio ma non l’ha mai denunciato. Portarlo davanti a un giudice penale avrebbe significato far perdere il lavoro al padre di sua figlia. All’uomo con il quale aveva convissuto, tra alti e bassi, per un periodo abbastanza lungo.
È nel cellulare del venticinquenne vigilante che è pure custodita la mappa dei suoi spostamenti nella notte della tragedia. Ci sono tutte le chiamate effettuate, comprese quelle dirette al telefonino di Ilaria.
Lui l’ha seguita fin sotto casa: ha aspettato che si congedasse dalle amiche con cui aveva trascorso la serata per riaffrontarla. Meglio di notte, meglio da soli. A qualcuno pare avesse sussurrato che la storia con la trentunenne non poteva finire così. Lui non poteva accettarlo. Tra gli spazi lasciati tra le parole forse era possibile leggere quale fosse l’intenzione di Antonio Russo, quale il progetto folle, quale la scelta definitiva. Non ha mai detto che l’avrebbe uccisa, ma solo che non poteva finire così...
Quando ha deciso di ammazzarla le ha puntato contro una pistola calibro 9 per 21 ed ha sparato tre colpi, alla testa. I dati tanatologici confermano che Ilaria Sollazzo è stata raggiunta dai proiettili alla tempia, alla mandibola e alla parte più alta del collo. Voleva assassinarla e l’ha fatto dopo aver farfugliato parole scomposte, dense di rabbia. Compiuto il delitto ha cercato nel silenzio circostante, la forza per azionare un gesto autodistruttivo. S’è guardato intorno, ha respirato e premuto il grilletto. La canna della semiautomatica, questa volta, era rivolta contro la sua testa.
Le indagini avviate dai carabinieri e coordinate dalla procura di Paola, guidata da Pierpaolo Bruni, non sembrano destinate a riservare ulteriori sorprese. Antonio Russo non ha avuto complici ed ha utilizzato l’arma che gli era stata legittimamente assegnata per via del ruolo professionale esercitato. Questa tragedia poteva essere evitata? Chissà.

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