Ha ancora gli occhi vispi del ragazzino che – in giovanissima età – scorrazzava da un capo all’altro della Città dei bruzi con un’energia invidiabile. Ma lo spirito no, quello è lacerato. Francesco Mussari ha 40 anni. Oltre metà trascorsi su una sedia a rotelle a maledire il giorno dell’incidente. Non smette di lottare, quello no. Grazie a una famiglia straordinaria che lo ha sempre supportato. Ci ha messo tanto del suo, perché continua a coltivare le passioni (il Cosenza calcio su tutte) che lo distolgono dai cattivi pensieri quotidiani. In più, il progresso tecnologico è venuto in soccorso al quarantenne: nel 2018 ha acquistato da un’azienda privata, convenzionata con l’Asp, una sedie a rotelle elettrica. Mezzo di ultima generazione che gli garantisce un’autonomia di movimento sfruttando il “contatto visivo”. Per tre anni e mezzo, si è poggiato su questo preziosissimo supporto. L’equilibrio psicofisico di Francesco Mussari, però, si è spezzato proprio quando la sedia a rotelle ha smesso di funzionare. Un primo segnale lo aveva dato ad aprile, ovvero sei mesi fa, quando – a causa dell’usura delle gomme, durante una passeggiata a via Roma, – il mezzo si è riversato su un fianco, provocando la caduta del quarantenne cosentino. Da lì in poi è iniziato un autentico calvario. «Abbiamo richiesto la sostituzione dei pezzi ma, alla luce dei temporeggiamenti, si è preferito acquistarli di tasca nostra», ha affermato con amarezza Francesco Mussari. Passi per le gomme, dal costo non eccessivo (la questione di principio resta...), ma ciò che è accaduto dopo no, proprio non si può lasciar scivolare come se nulla fosse. Perché il secondo problema riscontrato sulla sedia a rotelle si è rilevato insormontabile, se è che vero (come è vero) che da mesi nessuno lo ha risolto. È lo stesso Francesco a spiegarlo meglio. «Si è rotta la centralina, ovvero il sistema che mi consente, attraverso gli occhi, di poter vivere con un po’ più di tranquillità», spiega. «Un fuori programma che mi ha spiazzato, anche perché la questione è stata posta più volta sia all’azienda che mi ha venduto il mezzo, sia all’Asp. Siamo ad ottobre e del “computer centrale” non ci sono notizie. C’è chi dice che il pezzo in questione debba ancora arrivare, chi sostiene che lo stesso sia stato bloccato alla dogana – neanche fosse un carico di droga! – o ancora chi promette che il danno possa essere riparato. Morale della favola? Ho smesso di vivere come prima, perché con la sedia a rotelle a spinta dipendo in tutto e per tutto dagli altri. Non ho più voglia neanche di uscire di casa, lo faccio rarissimamente e non certo con lo spirito di prima. Mi sento come se mi avessero invalidato per una seconda volta. Dalla fase post-incidente si tratta del periodo più brutto della mia esistenza».
Gli fa eco la madre, che non perde occasione per “visitare” la sede dell’Asp e chiedere lumi sulla vicenda. Inutilmente. Lei, che per migliorare la vita del proprio figlio tetraplegico, acquistando un mezzo all’avanguardia, ha scucito diverse migliaia di euro (il resto lo ha messo l’Asp). «Siamo disperati», sottolinea, «e non sappiamo più a quale santo votarci. Ciò che mi preoccupa maggiormente è la reazione di Francesco: non mangia. Ma in fondo cosa chiede?». Che gli sia garantito un diritto. Merce rara, evidentemente, a certe latitudini.
Caricamento commenti
Commenta la notizia