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Cassano, il duplice omicidio Scorza-Hendhli e la trappola mortale

La vittima e la compagna trucidati nella masseria del cinquantaseienne Francesco Adduci. L’ultima telefonata: “Viene a prenderti il capretto”. Era la scusa per attirarlo nell’agguato

“Il capretto è pronto vienitelo a prendere”: è la chiamata per l’ultimo appuntamento. Fissato nelle campagne di Cassano, in una piccola e maltenuta masseria. Nulla di importante, solo l’occasione per ricevere in omaggio un agnellino destinato a imbandire il desco pre-pasquale. È il pomeriggio del 4 aprile scorso: Maurizio Scorza, 57 anni, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine, sale in auto - una Mercedes - insieme con la compagna di origini magrebine, Hanene Hendhli, 38 anni. L’uomo non sospetta di nulla: chi ha deciso di ucciderlo ha fatto in modo che non provasse alcun timore. Sorrisi, pacche sulle spalle, abbracci, colloqui affettuosi: tutto secondo le “regole” non scritte della ‘ndrangheta. A ogni incontro il mandante del duplice omicidio mostrava cordialità e attenzioni per lasciare la vittima... tranquilla.

Scorza porta con sé pure il cagnolino da cui la sua donna non si separa mai e fa un giro per effettuare piccole compere (due pacchi di sigarette, la schedina del Superenalotto) e poi si dirige verso le campagne sibarite illuminate da un tiepido sole di primavera. S’immerge con l’auto dentro le filiere di mandarini e peschi che conosce sin da bambino. La Mercedes procede a velocità sostenuta, la radio in auto è accesa a basso volume e la trentottenne tunisina chiama la cognata per fissare un incontro per trascorrere insieme la serata. Tutto fila liscio come l’olio. La coppia non immagine di dirigersi dritta tra le braccia della morte.

Superato il cancello in ferro battuto e imboccata la strada sterrata che porta alla masseria Maurizio Scorza vede Francesco Adduci, 56 anni, che lo sta aspettando: ferma la macchina, scende, si salutano e insieme entrano nella masseria a prendere l’agnellino già sgozzato di cui hanno parlato alcune ore prima per telefono. Escono e si ritrovano davanti due sicari armati di pistole calibro 9 per 21. Uno dei sicari lo fulmina con due pallottole esplose alla testa da distanza ravvicinata. La compagna tunisina che è rimasta in macchina, allarmata dai colpi, prende il cellulare e tenta di mettersi in contatto con la sorella di Scorza. Aggancia la chiamata ma non riesce a parlare perchè il secondo componente del gruppo di fuoco le si avventa contro esplodendo 13 colpi in rapidissima successione che non le lasciano scampo.

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