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Omicidio a Cosenza, l’assassina ha agito senza complici

Svolta nelle indagini sull’omicidio di Rocco Gioffrè, 75 anni, ucciso a Cosenza con 37 coltellate dalla vicina di casa

L’aria pesante del carcere. Il cielo visto attraverso le sbarre, la vita condizionata dagli orari, lo sbattere continuo dei cancelli, l’attesa per i colloqui: Tiziana Mirabelli, 47 anni, è rinchiusa nel penitenziario di Castrovillari da una settimana. È accusata di aver assassinato con 37 coltellate il pensionato Rocco Gioffrè, detto “Bruno”, 75 anni. È stata lei a confessare il delitto presentandosi ai carabinieri: «L’ho ucciso» ha detto «perchè ha tentato un approccio e, al mio rifiuto, mi ha aggredito». Una versione poi ribadita davanti al Gip La scena del crimine è una palazzina di via Montegrappa, a Cosenza, dove sia l’omicida che la vittima vivevano come dirimpettai al quinto piano. La donna, costituendosi, non ha consegnato l’arma del delitto mentre sono misteriosamente spariti il telefonino, le chiavi di casa e della cassaforte e il portafogli dell’ucciso. Il cadavere di Gioffrè è rimasto nascosto per cinque giorni sotto un piumone, incellofanato come se fosse un animale appena macellato e destinato al frigorifero.
La versione dei fatti fornita dalla quarantasettenne non ha convinto il procuratore capo Mario Spagnuolo e il pm Maria Luigia D’Andrea che hanno assunto la direzione delle indagini. Il pensionato è stato assassinato nell’abitazione della donna, i vani, tuttavia, nei giorni seguenti all’omicidio, sono stati ripuliti delle tracce di sangue. Gli “specialisti” dell’Arma hanno dovuto usare il “luminol” per individuare, repertare e tracciare le scie ematiche seminate sui pavimenti. Non solo: macchie di sangue sono state isolate al portone d’ingresso dell’appartamento di Rocco Gioffrè e all’interno dell’immobile, proprio nell’area ove è collocata la cassaforte, ritrovata vuota, e nella quale, invece, l’anziano custodiva almeno 10.000 euro in contanti. I soldi servivano - a dire delle figlie Francesca e Giovanna - a pagare le spese di un intervento chirurgico al quale doveva sottoporsi un prossimo congiunto. Di chi è quel sangue? Saranno i carabinieri del Ris di Messina a stabilirlo mediante un esame comparativo dei codici genetici dell’assassina e dell’ucciso.

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