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Sibari, il Parco archeologico incanta Osanna

Il direttore nazionale dei Musei è stato ospite per due giorni in Calabria e ha visitato la struttur

L’incontro d’un grande studioso con i “tesori” della nostra terra. Il professore Massimo Osanna, direttore generale dei Musei italiani è stato per due giorni nel Cosentino. Con lui il responsabile ad interim dei musei calabresi, l’archeologo Filippo Demma che guida il Parco di Sibari. Osama è stato a Tortora per l’intitolazione del “Museo di Blanda” al famoso archeologo Gioacchino Francesco La Torre, scomparso nel giugno dello scorso anno a 63 anni. Fu lui a condurre degli scavi a Tortora che portarono al rinvenimento dell’antica città di Blanda.
A Sibari il direttore Osama ha visitato il Museo, i nuovi magazzini con i reperti, i laboratori dei ragazzi delle scuole di Cassano e ha assistito a Copycat-speranze rinnovabili, un laboratorio organizzato dal Parco di Sibari in collaborazione con il carcere di Castrovillari e al quale partecipano i detenuti. I ragazzi insegnano ai reclusi a riprodurre reperti archeologici con le tecniche della stampa 3d. I materiali riprodotti vengono poi utilizzati per laboratori con persone non vedenti, che li potranno manipolare. Osanna si è detto particolarmente contento di queste attività che aprono il museo alla società civile in tutte le sue forme e questa è una di quelle fondamentali.
Infine la trasferta ad Amendolara per una visita a Palazzo Andreassi, nel centro storico, dove sorgerà il nuovo Museo archeologico nazionale intitolato al prof. Vincenzo Laviola, dove saranno esposti i reperti della preistoria e della protostoria dell’intera Sibaritide.
Professore Osanna, torna a Sibari dopo due anni. Che cambiamenti ha trovato?
«Ho trovato nel Parco archeologico di Sibari grandi cambiamenti. Anzitutto si riparte con un lavoro di squadra, il Museo è popolato da giovani, nuovo personale, tante collaborazioni con università, centri di ricerca quindi veramente l’impressione di un grande lavoro fatto dal direttore Filippo Demma innanzitutto per rendere vivo questo luogo, frequentato come dev’essere, e poi il grande lavoro fatto con il territorio, altro dato importante, la rete tessuta con chi lo abita, con le comunità, con le associazioni, le istituzioni. Veramente un grande lavoro che ribadisce quello che oggi deve essere il museo e, cioè, non un posto che si visita una volta nella vita ma un luogo di incontro, di confronto, di scambio proficuo, dove si conserva la memoria e si ripensa al nostro passato in chiave contemporanea».

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