C'è una parola che sintetizza e descrive il colpo di fulmine tra la Cosenza calcistica e Pierpaolo Bisoli da Porretta Terme: si chiama empatia. Sin dal primo sguardo, il branco è rimasto intrigato del nuovo condottiero, dal suo trasudare energia e rabbia calcistica da tutti i pori. Quella stessa che in riva al Crati non si vedeva dai tempi di Piero Braglia. Quando tutto - o quasi - manca (perché la salvezza cancellerebbe solo parzialmente l'ennesima stagione segnata da errori societari e tecnici), quando le avversarie viaggiano al doppio e c'è da inseguire fin dalla prima giornata, ciò che pretendono i tifosi è la lotta. Che ci si tuffi nel fango dei bassifondi con determinazione, che ogni contrasto in mezzo al campo diventi una questione personale con l'avversario, che a fine gara non ci si regga in piedi dalla stanchezza. Allora sì che errori e abissi tecnici con gli altri passano in secondo piano. Ecco perché Bisoli, sin dal primo “Daremo tutto, fino all'ultima goccia di sudore” è apparso credibile e ha conquistato prima lo zoccolo duro della tifoseria cosentina e poi tutto il resto. Il saluto del “Marulla” al tecnico emiliano è datato 26 febbraio, prima gara casalinga dopo due trasferte: spettatori paganti poco più di tremila. A distanza di due mesi e mezzo, i presenti sugli spalti sono stati quadruplicati (quasi 12mila contro il Cittadella, nell'ultima di campionato che è valsa l'aggancio playout). E questo senza promettere calcio champagne e senza essere esente da colpe in alcune circostanze, sbagliando formazioni e sostituzioni (più facile quando c'è da provarle tutte per rimettere in piedi una situazione problematica). Bisoli ha avuto il merito di essere andato al sodo. Nel farlo ha trascinato il pubblico, certo, ma anche i suoi giocatori, ché di carattere - in assenza di altro - se n'è visto a palate in campo, negli ultimi due mesi. In attesa di capire se il Cosenza completerà il capolavoro-salvezza (giovedì 12 a Vicenza e venerdì 20 tra le mura amiche) nei 180' playout, scusate se è poco.
Otto ore di viaggio notturno, la sfida a distanza (ravvicinata) con Zaffaroni, la tuta come stile di vita e l'assenza... di sponsor
In realtà Bisoli aveva già “detto” tutto sin dal suo primo contatto con il mondo rossoblù. «Presidente, il tempo di arrivare. Farò prima possibile», rispose quando il patron e, in particolar modo il ds Goretti, sondarono il terreno per il dopo Occhiuzzi-bis. Otto ore e mezza di auto, dall'Emilia fino a Lamezia, dove non lo attendeva solo il patron rossoblù ma anche... il suo contente Zaffaroni (primo tecnico della stagione bruzia) che nel frattempo aveva preso un aereo per tornare a incrociare lo sguardo di Guarascio dopo l'esonero. Se qualcosa fosse andato storto nella trattativa con Bisoli, sarebbe tornato lui: Zaf. Ma dopo un viaggio di notte da Porretta a Lamezia, non c'è tanto da discutere, semmai solo da mettere nero su bianco. E andò proprio così, non ci volle poi molto anche perché Bisoli non ha procuratori, intermediari o “sponsor” al seguito. Giusto il tempo di una doccia, tuta d'ordinanza («Chi lavora con me sa che io indosso solo tute quando lavoro, sono uno da campo») e poi l'incontro con Guarascio prima della firma su un contratto di quattro mesi senza altri orpelli come “opzioni in caso di...”. Perché tanto poi ci pensa il campo. E così è stato. Comunque andrà la stagione, Bisoli da Porretta (a Cosenza) ha lasciato il segno.
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