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La favola dell’orrore
raccontata al giudice

 «Tutti dobbiamo impegnarci affinchè i bambini siano difesi. Su questo tema ci vuole coraggio e chiarezza». Parole che Papa Francesco ha affidato alla riflessione del popolo cattolico, domenica mattina, durante la recita del Regina Coeli. Il Santo Padre ha invitato alla preghiera universale per i più piccoli che «hanno sofferto e soffrono a causa di abusi». Quell’infanzia violata che è come un fiume carsico che si trascina nelle viscere d'una società malata. Si muove in silenzio, salvo poi emergere all’improvviso, svelato dalle inchieste di magistrati e forze dell’ordine. Quel fiume si trasforma in palude quando le indagini svelano scenari turpi e ricostruiscono trame inquietanti. Dentro ogni fascicolo ci sono i racconti delle presunte vittime, bambini e adolescenti, costretti a diventare adulti troppo presto dopo essere finiti tra le ganasce degli adulti. Com’è accaduto a Maria e Anna (i nomi, naturalmente, non sono quelli veri, ndr), due bambine di dodici e tredici anni, che avrebbero scoperto com’è fatto l’inferno. Le due amichette, nel chiuso delle loro stanze, avrebbero cercato distrazioni in chat su Facebook e Badoo. Però, a un certo punto, nelle loro tenere vite sono sbucati tanti maggiorenni, in mezzo ai quali si sarebbero nascosti anche “uomini neri”. Una deriva che ha finito per sconvolgere la loro esistenza di bambine. E ieri, nella nuova aula per le audizioni protette del Tribunale, voluta e finanziata dal Consiglio dell’ordine degli avvocati, davanti al gip, è stata sentita Maria, la più “grande” delle due amichette, è stata interrogata nelle forme dell’incidente probatorio. Un atto istruttorio che potrebbe completare la fase preliminare dell’indagine detonata nel blitz della polizia delle comunicazioni che, a marzo, aveva portato all’arresto del quarantaduenne Antonio Scaglione, imprenditore, e del quarantunenne Luigi Caruso, commerciante, ammanettato a Genova, dove s’era trasferito da alcune settimane. Ai domiciliari, invece, erano finiti: C.R., 22 anni; N.B., 22 anni; e G.L., 21 anni. Cinque adulti, più due giovani non ancora maggiorenni, le cui posizioni sono al vaglio della Procura dei minori di Catanzaro. Alla presenza del pm Paola Izzo, del collegio difensivo (formato tra gli altri dagli avvocati: Franco Locco, Lucio Esbardo, Andrea Onofrio e Giuseppe Farina) e dei patroni di parte civile (tra gli altri, gli avvocati Nicola Rendace e Pietro Perugini), Maria ha riscritto i capitoli più torbidi di quella storia dell’orrore che ha travolto lei e la sua amichetta (la cui audizione è stata differita a oggi) e alla quale è saldamente ancorato il quadro accusatorio, un canovaccio esplorato per quasi un anno dai detective telematici del sostituto commissario Tiziana Scarpelli. Racconti incrociati con le prove raccolte nel cyberspazio in quasi un anno di scrupolose investigazioni. I poliziotti sono andati a cercare le prove tra i tabulati delle utenze telefoniche internet, nelle chat dei social network e nelle memorie dei pc. Decisive, poi, le celle telefoniche dei telefoni cellulari utilizzati dagli indagati. Nell’elenco dei contatti sono stati individuati un docente universitario e alcuni imprenditori, gente sposata, con figli anche minori. Gente perduta dietro quel “vizio” che alimenta l’angoscia dei genitori.

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