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Frattura sottovalutata, le amputano la gamba a 38 anni

La storia dolorosa fermenta in corsia, in mezzo a tre reparti e a due ospedali. È la storia di una giovane donna che a 38 anni appena ha dovuto rinunciare alla libertà di camminare perchè le è stata amputata una gamba. È un’altra di quelle storie che contribuisce ad alimentare dubbi sulla sanità pubblica. Una sanità eternamente malata che a Cosenza più che altrove vive nell'emergenza di personale con medici e infermieri costretti a doppi e tripli turni per garantire l’assistenza. Un “sistema-salute” che continua a concepire il malato come un numero all’interno di un rapporto costi-benefici. Poco importa se c’è una donna che lamenta un dolore alla gamba in seguito a una caduta. Il “sistema” non consente di ascoltare il lamento, di riconoscere la patologia. E, alla fine, resta la sofferenza che affiora dalla denuncia presentata dalla giovane donna. Il procuratore capo Dario Granieri e il pm Salvatore Di Maio, che si occupa dell’inchiesta, hanno già disposto l’acquisizione delle cartelle cliniche e dei registri terapeutici nei due ospedali dove la donna è stata ricoverata e ha subito tre interventi chirurgici. Il reato per il quale si procede è quello di lesioni gravissime. Tre i nomi iscritti nel registro della Procura di Cosenza. Si tratta di due medici e di un paramedico. La storia dolorosa comincia il primo aprile e comincia da una banale caduta davanti alla scuola dell’infanzia frequentata da uno dei due figli. La 38enne aveva male alla gamba sinistra e finì in ospedale. I medici di turno le avrebbero diagnosticato la frattura del perone dimettendola in giornata e prescrivendole una terapia farmacologica in attesa delle visita di controllo fissata per l’8 aprile. Sarebbero stati sette difficilissimi giorni trascorsi a casa vedendo il piede diventare sempre più nero, forse a causa di problemi vascolari. Al ritorno in ospedale sarebbe stata sottoposta a una Tac. Dall’accertamento sarebbero emerse due (e non una sola) fratture della gamba e la lussazione del ginocchio. Considerata la situazione, i medici l’avrebbero sottoposta a un intervento chirurgico. All’uscita dalla sala operatoria, il verdetto: operazione riuscita in presenza di problemi cardiovascolari rimasti irrisolti. E così, la paziente sarebbe tornata in sala operatoria per la rivascolarizzazione dell’arto. Il tentativo sarebbe stato vano e a metà aprile le avrebbero amputato la parte inferiore della gamba sinistra. Il 30 aprile, un nuovo ricorso al bisturi per eliminare altri monconi. Il 2 maggio, il marito preoccupato per la vita della consorte, l’avrebbe trasferita al “Sant’Orsola” di Bologna. I medici emiliani avrebbero individuato una grave infezione al moncone della gamba in seguito alla quale le avrebbero amputato l’arto, fino al ginocchio sinistro

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