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Il sicario godeva dell’appoggio
di 2 complici

Il sicario godeva dell’appoggio di 2 complici

Passo svelto, sguardo torvo, muscoli facciali contratti: è il killer e tiene stretta nella mano destra, affondata nella tasca del giubbotto, una semiautomatica calibro 9 corta con il colpo in canna. Risale dall’ingresso del cimitero verso la cappella della famiglia Attanasio, incrociando gli occhi di almeno una decina di uomini e donne. Non teme d’essere scrutato: anzi, tutti devono vederlo, tutti devono sapere e tutti dovranno rimanere con le bocche cucite. È tempo di morte e di vendetta. Lui, l’esecutore, però non è da solo: c’è un complice a fargli da “palo” e vedetta” e un “compare” ad attenderlo fuori dal camposanto per garantirgli la fuga. Tre sono i barbari criminali coinvolti nell’assassinio di Edda Costabile, 77 anni, e della figlia, Ida Maria Attanasio, 52. E sono almeno dieci le persone che hanno visto bene in volto il sicario mentre raggiungeva la scena del crimine. L’hanno pure osservato mentre con efferata determinazione compiva i suoi esercizi di belluina violenza contro due donne colpevoli solo d’essere la madre e la sorella di Franco Attanasio. I suoi gesti tradivano la mancanza di pietà e un profondo sentimento di odio, soprattutto durante l’inseguimento ingaggiato con Ida Maria. La donna, dopo aver visto massacrare la madre, ha tentato la fuga tra le strette viuzze che conducono alle tante cappelle. Lui l’ha raggiunta e, farfugliando parolacce e bestemmie, l’ha finita con due colpi alla nuca. Per evitare un bagno di sangue – considerata la presenza tra le lapidi di tantissima gente – ha premuto il grilletto solo quando è stato a un passo dalla vittima, al termine di una corsa lunga quaranta metri. In tanti, dunque, l’hanno visto bene e, forse, pure riconosciuto. Il procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla, sta lavorando con gli investigatori per identificare donne e uomini presenti nel camposanto al momento del fatto di sangue. I risultati delle indagini sembrerebbero, in questo senso, confortanti. Un testimone sarebbe già stato a lungo interrogato. «C’è tantissima paura - ha detto Facciolla - e nel cimitero, dove c’erano centinaia di persone, all’arrivo dei carabinieri non c’era più nessuno, era scappato anche il fioraio. Solo domenica sera alle 11 e mezzo noi siamo riusciti ad individuare una persona che era certamente presente - ha sottolineato il procuratore - e che ci ha riferito notizie importanti, e poi, a ritroso, siamo riusciti ad individuare anche altre persone». Qualcuno parlerà? È difficile. Crimini di questo genere provocano collettivo terrore e nessuno quaggiù ha voglia di vestire i panni dell’eroe. Quando nel febbraio del 2011 vennero assassinate altre due donne, Rosellina Indrieri e Barbara De Marco, madre e figlia, l’unico superstite della mattanza, che si salvò fingendosi morto, decise di parlare con i magistrati solo dopo un anno. Eppure le vittime erano la madre e la sorella. Sylas De Marco aveva paura e non aprì bocca. Il padre, invece, Gaetano De Marco, si mise a sbraitare contro gli assassini e nell’aprile di quello stesso anno venne trucidato per strada a poche centinaia di metri dal cimitero ora teatro del nuovo eccidio. «Chi ha visto il killer – dice ora il procuratore Facciolla – farebbe bene a parlare perchè rischia di fare una brutta fine». Nessun assassino lascia infatti a spasso un testimone oculare.

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