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Il “pizzo” per mantenere i latitanti del clan Muto

Il “pizzo” per mantenere i latitanti del clan Muto

I soldi del pizzo per sostenere i latitanti. Gli affiliati al clan Muto cercavano lontano dal territorio di riorganizzarsi. Qualcuno doveva pur raccogliere i denari per sostenerli. Denari che servivano anche a rifocillare le casse. Un clan ricco, quello di Franco Muto, che però non ha mai comunque ostentato quella ricchezza che dovrebbe nel tempo avere accumulato. Si pensi che dall’ordinanza “Cinque Lustri”, che fa seguito a quella Frontiera e con la stessa è riunificata in procedimento unico, è emerso che donna Angelina (al secolo Angelina Corsanto, la moglie di Franco Muto) avrebbe ricevuto dall’imprenditore Giorgio Barbieri una somma che si aggirava attorno ai 180mila euro all’anno. Le estorsioni sono state il metodo usato negli anni ‘70 e ‘80. Sono proseguite poi nell’ultimo ventennio perché nonostante le inchieste e i processi il clan è rimasto ben ramificato sul territorio.

In manette sono finirti ieri due uomini che su mandato della potente ’ndrina cetrarese avrebbero dato alle fiamme una autovettura, lo scorso anno, al fine di dissuadere un pizzaiolo a pagare la tangente. Le indagini che si sono concluse con gli arresti di Oreste Piazza e Luigi Pignataro portano la firma della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri.

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