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Perna e i siciliani, il caso a Torino

Perna e i siciliani, il caso a Torino

Da Catania a Torino, passando naturalmente per le rive del Crati. Prende tutta un’altra strada l’ultima vicissitudine giudiziaria di Marco Perna, figlio dello storico boss Franco, finito nelle settimane scorse al centro d’una inchiesta condotta dall’Antimafia etnea. Il tribunale del riesame catanese ha infatti annullato l’arresto di Perna e degli altri due cosentini coinvolti nell’operazione, cioè Pasquale Francavilla e Mirco Pucci, per incompetenza territoriale. Gli atti d’inchiesta sono stati quindi inviati al pm etneo che ha condotto l’indagine, documentazione che dovrebbe essere girata già nei prossimi giorni ai colleghi magistrati di Torino.

Un giro tortuoso, spiegato da quello che è l’episodio contestato a Perna e Francavilla. Una cessione di circa 28 chilogrammi di hashish avvenuta nella stazione ferroviaria di Porta Nuova, nel capoluogo piemontese, alla presenza di alcuni cosentini, uno straniero e anche un catanese. Un affare bloccato dalle forze dell’ordine, partito però secondo gl’investigatori proprio dal capoluogo bruzio e sotto l’egida di “Marcuzzo” e del suo uomo più fidato. Accordi presi tuttavia nel Nord Italia, dove calabresi e siciliani avrebbero potuto contare su appoggi e connivenza garantiti dai “paesani”.

Al centro dell’inchiesta c’è però proprio Francavilla – a Perna viene riconosciuto il ruolo di mandante dell’operazione in virtù della “casata” criminale di provenienza – i cui legami con malavitosi siciliani sono già emersi in altre recenti indagini condotte dall’Antimafia reggina.

Alla luce dell’ultimo provvedimento d’immediato ritorno in libertà, il rampollo del padrino bruzio potrà subito rientrare nella sua abitazione, dove deve comunque scontare gli arresti domiciliari per un’altra vicenda ancora tutta da chiarire. Francavilla, invece, dovrà rimanere in carcere poiché già detenuto per altra causa.

Il gruppo guidato da “Marcuzzo” è comunque al centro, stavolta sulle rive del Crati, d’un importante processo imperniato proprio sullo spaccio di droga, dibattimento scaturito dall’operazione “Apocalisse” di due anni fa. Un processo nel quale hanno un ruolo di rilievo i nuovi collaboratori di giustizia. Su tutti Luca Pellicori, un uomo che ha trascorso praticamente tutta la sua vita accanto a Marco Perna salvo poi decidere di saltare il fosso e collaborare con lo Stato. Incolpando tra i primi proprio il suo vecchio amico.

A difendere Marco Perna, Pasquale Francavilla e Mirco Pucci – i tre cosentini finiti sotto la lente d’ingrandimento della Dda catanese – sono gli avvocati Antonio Quintieri, Filippo Cinnante e Mario Scarpelli. I penalisti cosentini professano naturalmente l’innocenza dei loro assistiti, rilevando alcune incongruenze nelle indagini condotte dalla Dda catanese soprattutto in merito ai contenuti delle intercettazioni telefoniche finite negli atti dell’inchiesta.

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