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Si cerca l'identità del cadavere, dai denti la soluzione del giallo

Si cerca l'identità del cadavere, dai denti la soluzione del giallo

Il giallo dell’estate cosentina è cominciato una settimana fa con la telefonata anonima di un sedicente pescatore: «C’è un cadavere che galleggia nelle acque del Crati, proprio dalle parti di una nota attività commerciale, in territorio di San Pietro in Guarano». Ci sono volute ore prime di trovare conferme alla segnalazione. E, soprattutto, c’è voluto un drone dei vigili del fuoco per localizzare la posizione di quel corpo putrefatto, trascinato dalla corrente. Un mistero che resiste dopo sette giorni di indagini e un’autopsia che non ha ancora chiarito nemmeno il sesso della vittima. Serve altro tempo ai consulenti nominati dal capo dei pm, Mario Spagnuolo, e dal suo sostituto, Emanuela Greco. Tempo per cercare i segni su quel cadavere. Di umano, su quelle spoglie mortali, rimangono integre, solo le arcate dentarie. E ai periti resta la possibilità di ricostruire, proprio attraverso i denti, un codice genetico che dovrà poi essere incrociato con quello dei familiari degli ultimi scomparsi in questo grande territorio per provare a dare un’identità a quel morto. Quello sventurato (o sventurata), presumibilmente, è spirato sei-otto mesi fa. Una ipotesi saldamente ancorata allo stato di decomposizione avanzata. Secondo la letteratura scientifica, infatti, dopo la morte, l’organismo umano subisce la scomposizione delle sostanze di natura proteica in altre più semplici attraverso batteri saprofiti provenienti sia dalla flora batterica interna sia dall’esterno. Il corpo perde tutti i suoi liquidi nel giro di quattro mesi e nel giro di un paio d’anni spariscono completamente anche i tessuti. Ma l’ambiente esterno incide sul processo di saponificazione. L’aria e l’acqua, ad esempio, possono trasformarsi in potenti acceleratori biodinamici in grado di accorciare i tempi canonici calcolati in caso di sepoltura tradizionale del feretro in una bara sigillata. Siccome il cadavere senza identità è stato ripescato dalle acque del fiume, dopo una lunga esposizione agli elementi atmosferici, l’epoca del decesso non dovrebbe essere superiore a quella ipotizzata dai medici legali e dai primi riscontri investigativi. Insomma, quell’uomo (o quella donna) è spirato quest’anno o, al massimo, negli ultimi mesi del 2017. In attesa che dal laboratorio di anatomopatologia del consulente tecnico della Procura giungano i primi risultati utili sui rilievi scientifici, gl’investigatori dell’Arma di Rende, guidati dal capitano Sebastiano Maieli, continuano a censire nell’archivio delle persone scomparse i casi compatibili con i dati raccolti attraverso una complicata analisi di quello che resta dei tessuti. Sotto la lente c’è in particolare una identità, quella dell’operaio romeno, Ilie Horea, 39 anni, che era residente a Rose. L’uomo è misteriosamente sparito il 26 gennaio scorso. Quarantotto ore prima era arrivato all’“Annunziata”, a causa di un malore. Dopo due giorni di degenza in corsia si sentiva meglio. Per questo s’era vestito, aveva preso il cellulare ed era andato via. Nella sua stanza era rimasto il borsello con carta di credito, documenti d’identità e il caricabatterie del telefonino.

C’è un altro mistero nel Cosentino. Un polacco sparito nel nulla la sera dell’Immacolata. E pure lui, come Ilie Horea, scomparso allontanandosi da un ospedale. A Cetraro, Jacek “Giacomo” Grzegorz Rojek, trentasettenne, senza fissa dimora, di Cosenza, è finito nel registro degli assenti Era stato accompagnato lì, in stato confusionale, dagli operatori del centro d’accoglienza per alcolisti di Tortora per cominciare un percorso terapeutico per liberarsi dalla schiavitù del vizio. Ma Giacomo faticava più del previsto e così gli operatori della struttura lo hanno portato nel presidio sanitario di Praia a Mare e, successivamente, nell’ospedale di Cetraro. Tuttavia, all’uscita del nosocomio, si è allontanato, senza una meta apparente. Ilie e Jacek sono finiti nel labirinto che ha inghiottito le loro esistenze.

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