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Travolti dalla piena del torrente, morti nella gola del Raganello

Travolti dall’inaspettata piena del torrente, morti nella gola del Raganello

Sono dieci le vittime della tragedia delle Gole del Raganello in Calabria. Nella notte una delle persone rimaste ferite gravemente è deceduto nell'ospedale di Cosenza in conseguenza di un trauma toracico. Lo ha riferito il capo della Protezione civile della Regione Calabria, Carlo Tansi. "I dispersi in questo momento - ha aggiunto Tansi - sono cinque e la difficoltà ad avere un quadro chiaro di chi manca all'appello è dovuta al fatto che gli escursionisti erano in gruppi sparsi. Molte segnalazioni sono pervenute nella notte al nostro numero verde. Tutte le vittime sono state identificate e, al momento, le persone ricoverate sono 11 e si trovano negli ospedali di Castrovillari quelli meno gravi e di Cosenza quelli più gravi(cinque) e uno a Rossano. Le ricerche non si sono mai interrotte e sono andate avanti tutta la notte. Con la luce del giorno è più facile procedere".

Si stavano arrampicando tutti lungo il sentiero disegnato in mezzo al canyon del Raganello. Tra scivoli naturali e rocce. Un percorso che si fa con la muta addosso perché si attraversa il corso d’acqua che lì è particolarmente fredda anche d’estate. Una salita verso Civita in mezzo a uno dei paesaggi mozzafiato del Parco del Pollino. Un luogo incantato che quotidianamente è meta di turisti. Vite umane che, ad un certo punto, tra quegli spuntoni, sono diventate improvvisamente tutte senza valore. Quel mondo di suggestioni naturali è finito alle 13.30 quando è arrivata l’apocalisse sotto forma di un’ondata di piena. Un muro di acqua e fango impastato con vegetazione spontanea e detriti che è rovinato sugli escursionisti. Ce n’erano tanti dentro quelle gole. C’era un gruppo organizzato con quindici persone, intere famiglie, con donne e bambini, e una guida. Pugliesi, campani e olandesi. Poi, più avanti degli amici da San Lorenzo Bellizzi insieme a tanta altra gente, in ordine sparso, con giovani e meno giovani, tutti appassionati di torrentismo. Erano partiti dalla vallata dove il fiume trova pace e procede stancamente verso lo Jonio. All’improvviso hanno udito un brontolio sordo, e hanno cominciato a scappare. Urlavano con l’acqua alle spalle, sempre più minacciosa. I bambini in braccio agli uomini che cercavano un varco dentro quel fiume che si gonfiava velocemente. Qualcuno ce l’ha fatta, qualcuno no. In dodici non hanno avuto il tempo di trovare un rifugio che permettesse loro di restare aggrappati alla vita. Il torrente li ha trascinati via per tre-quattro chilometri. In mezzo a loro anche un ragazzino e una giovane di Trebisacce. Tutti morti, uccisi in quel paradiso che l’acqua killer ha trasformato in un inferno.

Qualcuno degli scampati è riuscito a lanciare l’allarme con un telefonino. Una richiesta d’aiuto girata ai vigili del fuoco. I primi a raggiungere Civita sono stati quelli di Castrovillari. Il capo del distaccamento, Silvano Zicari, ha capito subito la gravità della situazione e ha chiesto aiuto ai colleghi di Cosenza, di Trebisacce, di Rossano. Da Salerno hanno inviato un elicottero speciale con barella spinale, il “Drago 69”, subito utilizzato per il recupero e il trasferimento all’ospedale “Ferrari” di un uomo con problemi gravi alla colonna vertebrale. Al lavoro anche le squadre di subacquei arrivate da Reggio Calabria.

Insieme ai pompieri è sopraggiunta una pattuglia dei carabinieri forestali di Civita. Il militare, via radio, ha subito descritto lo strazio di quei momenti alla centrale operativa per sollecitare l’invio urgente di rinforzi. «È un disastro, ci sono corpi nel fango, gente in bilico tra le rocce, bambini che chiedono aiuto...». Allarme girato anche la Commissariato di Castrovillari. Il vicequestore Leonardo Papaleo è corso a Civita con tutti i suoi uomini, compresi quelli liberi dal servizio. Come hanno fatti i carabinieri, i finanzieri, i volontari del Soccorso alpino, la Protezione civile, alle guide del Parco.

Tutti a cercare vite a mani nude, gente prigioniera del Raganello. Difficile definire i contorni della catastrofe con i soccorritori che sono rimasti lì per tutta la notte. In serata, la Prefettura di Cosenza ha provato a stilare un bollettino naturalmente non definitivo con dodici morti (dieci i corpi recuperati, due quelli individuati nella notte), 23 sopravvissuti recuperati e una persona sola che risulta ancora dispersa. Una persona che dovrebbero far parte dello stesso gruppo. Tra le vittime sicure, invece, ci sarebbe anche un bambino. I primi quattro corpi sono stati ripescati a tre chilometri e mezzo, sotto il ponte della vecchia Statale 105, la strada che da Castrovillari degrada verso il mare, a Villapiana. Più a valle è stato trovato, invece, lo zaino della guida, Antonio De Rasis, di Cerchiara di Calabria. Anche il suo nome è finito purtroppo nell’elenco delle vittime. Altri cadaveri sono stati ripescati dal fango lungo quel sentiero di morte che è stato ripercorso per tutta la notte dai soccorritori con luci artificiali.

A Civita, intanto, è stata allestita l'unità di crisi, col prefetto, Paola Galeone, il questore Giovanna Petrocca, i comandanti di Arma e Finanza, i colonnelli Pietro Sutera e Marco Grazioli, il capo della Prociv regionale, Carlo Tansi. Le operazioni di soccorso, invece, sono state coordinate dal comandante provinciale dei vigili del fuoco. Massimo Cundari. Nella scuola dove sono state ricomposte le salme è arrivato in serata il vescovo della diocesi di Cassano Jonio, monsignor Francesco Savino.

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