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Cosenza, sono 110 con vista... sulla lode. Da Marulla a Tutino, l'eredità che porta nel Paradiso della A VIDEO

Centodieci anni e sentirli tutti. Perché tifare il rosso e il blu del Cosenza calcio è per cuori forti, come quelli che hanno resistito agli sbalzi repentini di categoria, ai fallimenti societari, alla cordate più o meno immaginarie, a sedicenti imprenditori-corteggiatori di quello o quell’altro presidente, a salvezze strappate all’ultimo morso, a promozioni sbattute su un palo, a grandi drammi di uomini scomparsi per sempre dalla faccia della terra ma non dai cuori, dalle menti e dalle insegne delle strade, degli stadi, evocati nei tribunali da anime in cerca di giustizia giusta.

Centodieci anni che si sentono tutti, perché sono carichi di emozioni, lacrime, sentimenti che si contraddicono, combaciano e poi tornano a contraddirsi di nuovo.

Centodieci anni con vista sulla lode. Quella lode che manca per rendere eterna la storia di un club che ci ha sempre provato a regalarsi la poltrona paradisiaca della seria A. Quella lode che gli aficionados colorati di rosso e di blu hanno meritato e stanno meritando riempendo gli stadi di tutta Italia, anche nei periodi di vacche magrissime (praticamente anoressiche) e che prometterebbero sfracelli  di suoni, canti e colori se l’ascensore del calcio italiano li conducesse in zona attico, là dove tutto si vede meglio.

Centodieci anni di uomini, presidenti, allenatori, di direttori sportivi, di team manager, staff sanitari, magazzinieri, di direttori generali e di intermediari di mercato. Una storia che si sente eccome. Di giocatori, soprattutto. Che ci hanno provato e ci riprovano a raggiungerlo quell’attico tanto atteso. Da Marulla a Tutino, i due 9 che più hanno incarnato e incarnano la cosentinità. Oggi Tutino gioca al “Marulla” per completare l’opera avviata da Gigi. Perché è arrivato il momento di prendersela quella lode. Centodieci… e lode. Auguri lupi!

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