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Cosenza, la città sospesa in un sogno lungo 110 anni FOTO

Non è facile addentrarsi nelle cavità della storia calcistica più importante di Cosenza senza toccare le corde dei sentimenti e della sensibilità che diventano vertigine dell’anima. Soprattutto, quando le intimità delle passioni si accapigliano al di qua del sipario della vita, fuori dai confini che delimitano la cronaca e diventano fotogrammi d’un meraviglioso romanzo lungo 110 anni che scorrono in fretta nella serata più lunga che ha fatto rivivere il sentimento costituente di una città. Pagine che si sfogliano tra foto, scritti e manoscritti, e racconti di chiome bianche, le memorie respirate e ispirate di questa straordinari avventura che è descritta con dovizia di particolari nei libri di Vincenzo d’Atri, ricercatore attento e premuroso del calcio rossobù. Più di un secolo da quell’inizio così lontano che si fa fatica a ricordare, un Cosenza-Catanzaro giocato tra la polvere d’un campetto che non c’è più, in quella Piazza d’Armi sacrificata per far nascere l’edificio delle Poste. Fu quella partita, la scintilla, il primo fuoco d’una passione che ha attraversato epoche fitte di narrazioni variate e di eventi tra buoni auspici e qualche capriccio in un saliscendi di emozioni senza fine. Una storia che ha vissuto anche una spaventosa discesa agli inferi tra le ombre di una inchiesta giudiziaria che fece rotolare il Cosenza nell’abisso senza luce. Da lì, dalla quarta serie, grazie al sindaco dell’epoca, Eva Catizone, che divenne anche presidente del club (e portò in rossoblù l’ex fenomeno di Toro e Milan, Gianluigi Lentini), si ricominciò a fatica. Però quell’idea di ripartire dagli scantinati del dilettantismo con una società da rifondare divenne stimolo di resistenza e dignità per una città che accettò la sfida, mettendoci energia e denari, con gli occhi chiusi e baratri senza fondo da superare. Insomma, in un secolo e dieci anni è successo di tutto. E tutto ha ricondotto sempre a quel mistero che è amore incondizionato. Qui il calcio è tutto. E’ passione, amicizia, inclusione. Il Cosenza è anche dei cosentini acquisiti, quelli che arrivano da altri mondi. Ieri pomeriggio, sul corso Mazzini, all’altezza della prefettura, due ambulanti nordafricani parlavano ad alta voce di calcio. Dentro quei loro occhi scuri, lo sguardo antico e misterioso, quell’antico e misterioso senso dell’inesorabile che diventa, improvvisamente, certezza: «Forza Cosenza, questa sera vinciamo». E l’altro: «Sì, vinciamo 2-1. Tutino». La grande pazienza d’aspettare la partita, il campo, come aspettano che qualcuno si fermi a quelle loro bancarelle. Più avanti, invece, passeggia l’avanguardia del tifo doriano, gli ospiti, anche loro invitati alla festa del Vecchio Lupo.

La festa

Il cielo senza troppi colori sin dal mattino ha spianato la strada a una serata fredda ma non freddissima, e, comunque, riscaldata dal calore della gente. La passione è come quel fiume umano (15mila e passa, dicono le statistiche) che, ieri, ha cominciato a gonfiarsi di primissimo pomeriggio verso il quartiere di San Vito. La passione per il pallone la trovi ovunque, la città ne è piena, sprofonda nelle sue liturgie (chiacchiere al bar, allenamento, partita), affonda in una tradizione che viene tramandata di generazione in generazione. E, soprattutto, ha sempre sostenuto il cammino dei cosentini nel difficile terreno della vita. Questa, del resto, è una terra unica, meravigliosa e complicata, una terra di contraddizioni. Qui la vita è un imbuto in cui ci si infila senza mai sapere cosa si troverà all’uscita. Una vita che spesso rimane appesa a fili insignificanti che si aprono verso l’abisso di ombra, un altrove deformato dalla rassegnazione che vorrebbe farti arrendere prima. I report che descrivono il presente e il futuro socio-economico del Cosentino e del resto della Calabria sono deboli mormorii con diagrammi che non crescono mai come i sogni dei suoi giovani talenti che scappano verso il Nord dove, insieme a un posto dignitoso, trovano, pure, una paga sicuramente migliore. Eppure, quando si parla di calcio, tutto improvvisamente svanisce. Del resto, basta guardare agli ultimi giorni, quelli dei preparativi della festa di compleanno del Cosenza. La vita è diventata di due colori, il rosso della passione e l’azzurro (licenza poetica, ndr) del cielo. Le strade, le case, i negozi. Rosso e blù come i Lupi che qui nutrono i sogni.

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