
C'è stata una partita, al ‘Marulla’, quella classica che dura novanta più recupero, e poi ne è iniziata un'altra, più breve e decisamente più intensa. Perché il pubblico presente sugli spalti non aveva dato peso a quanto accaduto in un momento apparentemente banale nel corso della gara: Cerofolini si distende e para una conclusione non sufficientemente pericolosa di Rizzo Pinna, a circa venti minuti dalla fine, con il Cosenza sotto di un gol. Un tuffo semplice, ordinaria amministrazione. O almeno così è apparso a tutti. In campo, però, c'è qualcosa che non va e ad accorgersene per primi e quasi all'istante sono i fotografi che, si sa, battezzano ogni istante di gioco, anche quelli di poco conto. Pian piano qualcosa accade anche a casa, grazie ai replay forniti da Dazn. Nel frattempo il gioco scorre regolarmente. Ma cosa è accaduto? Dopo la parata dell'ex portiere rossoblù oggi in forza ai ciociari, il difensore Monterisi si distende con l'intento di ringraziare il suo angelo custode per aver disinnescato il tentativo avversario. Peccato che invece di accarezzare la testa di Cerofolini si appoggi vistosamente, e per qualche secondo, sul pallone: un fallo di mano a tutti gli effetti. Che in area di rigore, da regolamento (salvo carambole, al momento, è stata bandita l'involontarietà), viene punito con il penalty. Senza se e senza ma. Non se n'è accorto nessuno - fotografi a parte - nell'immediato, ma questo rappresenta un precedente che potrebbe indurre a introdurre, un po' come è stato per tanti anni nel tennis con l'occhio di falco, il Var... a chiamata. Ovvero, offrire alla squadra la possibilità di invocare la tecnologia per episodi dubbi. L'episodio di ieri a Cosenza potrebbe aver fatto giurisprudenza.
L'altra partita, quella che fa ancora più male
Un Alvini così inviperito, dalle parti del ‘Marulla’, non si era mai visto. L'episodio del rigore non visto e quello del fallo su Ricciardi (in occasione del gol del Frosinone) lo hanno mandato su tutte le furie. Per una squadra che lotta per salvare la pelle, che convive con una penalizzazione di quattro punti, una gara persa in uno scontro diretto può essere determinante. Oltre a rianimare i ciociari, che fino un paio di settimane fa sembravano l'anello debole del campionato cadetto, il ko interno interrompe una serie positiva che durava da mesi. Far punti - sempre - è vitale. Però, scavalcata la legittima frustrazione, bisogna tornare lucidi e capire se la sconfitta di ieri è solo frutto di una pessima direzione arbitrale o c'è molto di più. Ecco, questa riposta ci sentiamo di darla noi: c'è molto di più. In un campionato tostissimo che, mai come quest'anno, non presenta squadre-materasso e in cui si può vincere o perdere contro chiunque, non ci sono possono permettere prestazioni così. La vera forza del Cosenza di Alvini, fino a ieri, è stata la compattezza, la cattiveria, la voglia di arrivare prima degli altri sulle seconde palle, il coraggio di provarci da fuori area oltre al novantesimo, di ‘buttarsi dentro’ oltre il lecito: di tutto questo repertorio, ieri, si è visto poco o nulla. Il primo vero motivo della sconfitta è stato questo. Solo il caso (quattro pali e un miracolo clamoroso di Micai) ha impedito che la gara non si concludesse con un parziale pesantissimo a sfavore dei rossoblù. Bisogna prendere consapevolezza che questa squadra deve viaggiare sempre al massimo delle proprie possibilità per poter pensare di competere, perché appena si scala una marcia verso il basso, le altre, che possono mostrare più qualità, ne approfittano. E anche un Frosinone privo di tanti giocatori è sembrato più assortito. Ecco perché bisognerebbe guardarla in faccia, questa squadra, e tributargli un applauso gigantesco per avere conquistato 20 punti (almeno su un campo), pur essendo un organico carico di giovani e di scommesse, che ha perso il suo leader tecnico e spirituale Tutino e ha ripiegato su giocatori a caccia di rilancio o provenienti da categorie più basse. Alvini, un bucaniere dei mari cadetti, ha puntato tutto sulla voglia di emergere dei suoi ragazzi e ha dato un'identità alla squadra, ma è fisiologico che si possa perdere anche contro squadre che navigano in brutte acque (era capitato anche contro il Sudtirol, sempre in casa). Ed ecco perché soffermarsi solo sugli errori arbitrali potrebbe essere controproducente. Proprio nel momento in cui si sostiene di non voler offrire un alibi alla squadra, si finisce col fornirgliene uno bello grosso. Ci sono dei limiti di organico evidenti, ma lo erano anche quando nessuno riusciva a battere i rossoblù. La squadra andrà rinforzata nel corso del mercato di gennaio, se non si vorrà trascorrere un'altra annata di passione. Il dg Ursino e il ds Delvecchio avranno da sgobbare parecchio. E, soprattutto, dovranno proteggere Alvini nel caso in cui dovessero arrivare altri passi falsi prima di fine anno. Perché l'allenatore rossoblù è a tutti gli effetti il vero artefice di un miracolo. Perché se il Cosenza - questo Cosenza - è stato penalizzato di quattro punti e non se ne è accorto quasi nessuno, il merito è proprio di Alvini e dei suoi ragazzi che, però, appena scalano quella benedetta marcia, finiscono nelle retrovie.
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