Resta in carcere Angel Manuel Garcia, il 26enne della Repubblica Dominicana accusato di aver buttato giù dal quarto piano la sua fidanzata Medina Pena. La giovane donna, che a fine gennaio avrebbe compiuto 37 anni, lo scorso 23 dicembre è stata trovata senza vita nel cortile di un residence di Scalea dove viveva con il suo fidanzato.
Il tribunale della Libertà di Catanzaro, a cui si era rivolto il difensore del giovane, l’avvocato Giorgio Cozzolino, ieri mattina ha confermato la misura cautelare in carcere per Garcia condividendo la decisione del gip di Paola. Ci vorranno 45 giorni per conoscere le motivazioni del Riesame e solo dopo questo termine la difesa potrà presentare ricorso in Cassazione.
Il giovane è in carcere dal 24 dicembre da quando i carabinieri, guidati dal comandante della compagnia di Scalea, il capitano Andrea Massari, hanno trovato il ragazzo a casa della mamma e lo hanno interrogato per tutta la notte. In quelle ore Garcia ha però, anche se visibilmente sotto shock, ha raccontato agli inquirenti che cosa era successo quella notte.
I due - è la sua versione dei fatti - hanno litigato sempre a causa della gelosia della donna che non avrebbe tollerato alcuni atteggiamenti del suo fidanzato durante una festa a casa della suocera. Lei sarebbe andata via prima e poi quando lui l’avrebbe raggiunta nell’appartamento in cui convivevano, lei avrebbe iniziato a discutere e a dirgli di andare via di casa. Il ragazzo, forse stanco dei continui litigi, avrebbe davvero fatto le valigie.
A quel punto la donna, originaria di Panama, avrebbe cominciato a urlare minacciando di uccidersi. Garcia ha ricostruito quei momenti in cui la vittima si sarebbe precipitata di corsa verso il balcone lanciandosi. Garcia avrebbe provato a trattenerla quando lei era penzoloni, ma a un certo punto la donna sarebbe precipitata. Lui ha spiegato agli inquirenti che ha anche un deficit alla mano e per questo motivo non sarebbe riuscito a tirarla su.
Subito dopo, avrebbe fatto le scale di corsa scendendo in cortile e lì avrebbe girato il corpo della donna e avrebbe provato a rianimarla. Ma quando ha visto che non dava segni di vita, avrebbe citofonato ai vicini ma nessuno avrebbe risposto, così decise di scappare in preda all’angoscia.
Ma questa versione non ha convinto del tutto i magistrati che stanno seguendo le indagini, coordinate dal procuratore capo Pierpaolo Bruni e dal sostituto Maurizio De Franchis, perché per loro quel racconto era pieno di contraddizioni che sono state evidenziate pure dal Gip.
In realtà sono diversi i punti da chiarire, come stabilire a chi appartengano quelle macchie di sangue trovate nella loro casa. Il giovane non ha mai parlato di colluttazione fisica ma solo di un diverbio. Le accuse sono tutte da dimostrare e bisognerà attendere gli esiti degli esami medico-scientifici.
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