“Occhi di ghiaccio” non fa sconti. Nicola Acri, 42 anni, boss di Corigliano Rossano, condannato all’ergastolo per omicidio e ristretto in regime di carcere duro ormai da anni, ha svelato ai pubblici ministeri antimafia di Catanzaro, i meccanismi del “sistema” messo in piedi nell’area centrosettentrionale ionica della Calabria per lucrare denari e condizionare l’economia. Il dato si evince dai primi verbali d’interrogatorio riempiti dal capobastone pentito, depositati ieri davanti alla Corte di appello di Catanzaro, dal sostituto procuratore generale, Raffaela Sforza. La scena processuale è quella del dibattimento nato dall’inchiesta “Stop” condotta dalla procura distrettuale, diretta da Nicola Gratteri, per ricostruire affari e interessi della cosca guidata con acume e pugno di ferro proprio da Acri.
I verbali, sebbene falcidiati dagli “omissis”, svelano il quadro d’insieme di cui l’aspirante collaboratore di giustizia ha riferito. Nicola Acri, coinvolto in gravi fatti di sangue che hanno sancito l’avvento del suo gruppo nell’area rossanese, avrebbe utilizzato imprenditori ed aziende per infiltrarsi nel tessuto economico. L’inchiesta dal punto di vista strettamente “tecnico” è molto interessante per via di una particolare contestazione mossa agli imputati principali: la concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso. La Dda, infatti, rimproverava a Nicola Acri di aver imposto la distribuzione di una miscela di caffè agli esercizi pubblici locali, facendo leva sul proprio carisma mafioso. Tra gli ambiti nei quali Acri ha adesso rivelato di aver concentrato l’attività imprenditoriale del suo gruppo vi sarebbero la commercializzazione di pane e prodotti da forno e di mozzarelle.
A Nicola Acri, al termine del processo di primo grado nato dall’inchiesta “Stop”, sono stati inflitti 12 anni e 8 mesi di reclusione; 10 anni e 8 mesi, invece, sono stati inflitti al fratello, Gennarino.
Il boss di Corigliano Rossano, arrestato nel 2010 alla periferia di Bologna, è pure a conoscenza di agghiaccianti particolari sulla strage di Strongoli, compiuta da un “commando” armato di fucili mitragliatori nel 2000 nella cittadina crotonese. Acri è stato assolto con sentenza definitiva ma conosce la verità.
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