Qualcosa è andato storto lassù nel plesso nuovo del Mariano Santo. In quel posto, immerso nella quiete e nel verde d’antiche essenze arboree, l’efficienza è stata declassata a disservizio, disagio, ad aumento esponenziale dei bisogni. Nel giro di pochi mesi, giusto per dirne una, è sparito nel silenzio (o se si preferisce nel chiasso) generale e impotente il reparto di allergologia. Chiuso, sbarrato, svaporato nel nulla come le palline o le colombe in un gioco di prestigio d’un mago cinico quanto incompetente. È bastato che l’ultimo medico in servizio andasse in pensione per chiudere la porta e buttare via le chiavi d’un reparto che col passare del tempo – e tenuto conto, anche, della filosofia dei tagli tanto in voga tra i manager d’una sanità che insegue profitti senza investire nulla – sarà impossibile, quantomeno difficile, resuscitare dai morti. E così si butta via tutta l’esperienza maturata (l’eccellenza, amano dire certi politici in cerca di preferenze e alcuni manager attaccati ai numeri quando gli fa comodo) d’una intera struttura diagnostica, d’un comparto così importante e necessario, oggi più che mai, nell’organigramma sanitario provinciale in considerazione, soprattutto, dell’aumento delle patologie allergiche. Una chiusura quella del reparto di allergologia che, a non voler considerare i disagi dei pazienti (tanto di quelli non interessa a nessuno) comporterà non pochi costi per l’Azienda ospedaliera. Costi, causati (con buona pace degli economisti di questa sanità col braccino corto) dal diffuso fenomeno della migrazione fuori regione.
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