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Cassano, l’inutile soffiata della “talpa” a Genovese

L’imprenditore ritenuto intermediario dei clan era stato avvisato dell’esistenza di una inchiesta avviata nei suoi confronti. I carabinieri hanno scoperto e registrato tutto riuscendo a non compromettere le indagini. Il piano estorsivo ordito contro l’azienda Sposato è stato disarticolato con una raffica di arresti

L’informatore e... l’intermediario. Francesco Genovese sapeva di essere sott’inchiesta. L’imprenditore cassanese che ha tentato di fare da collante tra Giuseppe Sposato e gli esponenti dei clan sibariti che pretendevano il pagamento del “pizzo”, aveva ricevuto una imbeccata precisa. Un collega di lavoro, tramite il figlio, lo aveva avvisato che la Dda di Catanzaro e i carabinieri lo tenevano sott’occhio. Non immaginava, però, che proprio gli investigatori avrebbero carpito in “diretta” i suoi dubbi, le preoccupazioni e le ansie.
Il gip distrettuale, Antonella De Simone, nell’ordinanza con cui ha mandato dietro le sbarre sia Genovese che Leonardo “Nino” Abbruzzese e Francesco Faillace ha riportato i contenuti di una illuminante intercettazione. Si tratta di un colloquio tra il presunto intermediario delle cosche e il figlio. La conversazione lascia chiaramente intendere che esiste una “talpa” capace di conoscere e riferire le mosse degli investigatori e dei magistrati antimafia. Genovese parla con il congiunto ignaro d’essere “spiato” e l’ombra d’un “traditore” salta fuori nitidamente. Chi è? Chi lo paga? Domande senza risposta. Almeno per il momento.
Ma approfondiamo. Il figlio, parlando di un loro amico, titolare di un’azienda edile con cui hanno rapporti di lavoro, dice al padre. «leri è venuto un'altra volta qua...eh...mi ha messo nella macchina con lui e mi ha fatto sentire una telefonata... che lo hanno telefonato». Il contenuto della conversazione ascoltata spinge il giovane ad avvisare subito il genitore (Francesco Genovese): «Stai attento che sei sotto inchiesta tu! Sei sotto indagine!».

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