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Cassano, la verità di Faillace sull’incontro a quattro nell’agrumeto

Il trentanovenne arrestato dalla Dda con l’accusa di tentata estorsione aggravata ha risposto alle domande del gip. Il titolare dell’impresa. Sposato non s’è piegato alle richieste estorsive

Francesco Faillace ha risposto agli inquirenti chiarendo ogni aspetto contestatogli dalla Dda di Catanzaro e offrendo la sua versione su quanto accaduto nell’agrumeto di contrada Murate quando si incontrarono lui, Nino Abbruzzese, Francesco Genovese e il dipendente della “Sposato P&P”. Sono iniziati gli interrogatori di garanzia delle tre persone finite in manette per la tentata estorsione di natura mafiosa all’impresa che fornisce calcestruzzi e altro materiale utile per la costruzione del terzo megalotto della Statale 106 Jonica per il tratto Sibari-Roseto. Oltre a Faillace, 39enne, erano finiti in manette Abbruzzese, 37enne, e Genovese, 55enne.
Per i due, invece, si attendono gli esiti degli interrogatori di garanzia mentre il collegio difensivo di Faillace ha fatto già sapere di aver proposto istanza di riesame per il proprio assistito. Secondo quanto ricostruito dai magistrati della Distrettuale antimafia di Catanzaro – diretti dal capo dei pubblici ministeri Nicola Gratteri – nella notte tra sabato e domenica del 3 luglio scorso, un incendio doloso aveva distrutto due betoniere e una betonpompa, nell’impianto di calcestruzzi e di inerti della ditta “Sposato P&P Srl” in contrada Salinari, al confine tra i comuni di Francavilla e Cassano. I danni erano stati ingentissimi e calcolati in circa mezzo milione di euro.

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