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Cosenza, nell’imbuto dei Cup si dilatano le liste d’attesa

Gente in fila a perdere, in attesa di una prenotazione per una visita o un esame diagnostico che arriverà, probabilmente, a distanza di mesi o di anni. Il Centro unico di prenotazione dell’Annunziata è un mondo disseccato che il cittadino è costretto ad attraversare prima di giungere allo sportello e ottenere quella ricetta che, per la sua vita, può dire tutto e niente. Nel Sud del Sud dell’Italia l’assistenza sanitaria è fatta di code, attese, liste interminabili, percorsi tortuosi che spesso trovano lo sbocco naturale nella sanità privata o nei viaggi della speranza verso terre lontane.

L’assistenza garantita dal nostro sistema salute è il simbolo delle disuguaglianze sociali, di un confronto impossibile con il resto del paese. Qui da noi, lo Stato non è più in grado di garantire il sacrosanto diritto alle cure. Certo, in Italia c’è un solo sistema sanitario ma il suo funzionamento è differente, a seconda della latitudine. Da Napoli in giù, secondo l’ultimo report dell’“Osservatorio nazionale sulla Salute nelle regioni”, le speranze di vita si accorciano ovunque ma la tutela della salute assume sfumature diverse all’interno di questa macroarea. In Calabria, il diritto alle cure, è stato irrimediabilmente compromesso da discutibili scelte di budget per ridurre i margini del dissesto. Scelte che, negli ultimi tredici anni, hanno finito per pesare sulla qualità dell’assistenza. E i risultati del check-up della devolution in sanità nella nostra terra sono inevitabilmente negativi. Il sistema di assistenza garantito ai calabresi è una di quelle cose che prima o poi bisognerà dichiarare scadute come si fa con la roba in frigo che non è più buona da consumare.

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