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Allarme a Cosenza, cresce l’abuso di bevande alcoliche tra i minorenni

Serate da sballo nella città dei bruzi

C’è un fiume carsico – a base di prosecco, vodka, rum, gin e tanta birra – che scorre indisturbato nelle viscere della città da bere rappresentata dai locali alla moda del comprensorio bruzio. Un fiume in cui s’affogano non solo i pregiudizi (che in certi casi sono utili) ma anche le virtù d’una generazione che preferisce lo sballo alla vita o che più spesso – a non voler esser moralisti – pensa, crede che la vita sia uno sballo. Insomma se il consumo di droga rappresenta ancora (non si sa in che percentuale) una sorta di problema sociale, l’alcol non fa paura a nessuno. Bevono un po’ tutti e bevono soprattutto i minorenni. Nelle scorsa settimana i poliziotti della squadra volante, nel corso d’un controllo disposto dal questore Luigi Maria Spina, hanno chiuso alcuni locali i cui gestori sono stati sorpresi a somministrare bevande alcoliche proprio a minorenni. Insomma in questa città si beve e tanto a quanto pare. E specialmente di sera l’alcol non fa più paura a nessuno. Una circostanza quest’ultima che non trova d’accordo la dottoressa Maria Francesca Amendola dirigente del Servizio di alcologia dell’Asp. Non è d’accordo perché conosce molto bene gli effetti devastanti di questo discutibile costume sociale. Basterebbe scorrere le caselle delle statistiche stilate dal sistema sanitario regionale e nazionale per accorgersi che questa strana moda del bere sfiora la pandemia. In Calabria sono oltre mille e quattrocento le persone in cura nei servizi per le dipendenze. E la provincia bruzia assorbe circa il 45 per cento di questa popolazione che quando alza il gomito provoca danni non solo al proprio organismo (con ovvie ripercussioni sul sistema sanitario nazionale) ma anche alla sicurezza pubblica e privata.

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